Fra noi non ci sono tabù: parliamo di tutto, mi sento a mio agio, libero di essere me stesso e di dire quello che penso. È bello che non ci siano barriere.
Diabo

Con queste parole Diabo, 22 anni, del Burkina Faso, sintetizza gli aspetti positivi di questi 4 mesi di vita in comune con Raniero, Alessandra e Serena, la famiglia che lo ha accolto in provincia di Torino da settembre. Una frequentazione, però, che va avanti da circa un anno: si erano infatti conosciuti poco prima dell’inizio della pandemia e, quando è stato possibile, si sono incontrati durante i week-end per passare un po’ di tempo assieme. Lo scorso autunno, Diabo ha terminato il suo periodo di accoglienza nel centro dove viveva e si è trasferito a casa Tomei.

Da allora, la convivenza procede a gonfie vele. Fra Diabo, Raniero, Alessandra e Serena è nata una complicità che è evidente anche durante l’intervista: raccontano aneddoti, ridono, completano gli uni i commenti e le riflessioni degli altri. Come se si conoscessero da sempre. Fra Serena e Diabo, in particolare, la sintonia è evidente: l’essere coetanei li ha aiutati a creare un rapporto fraterno. È stata proprio Serena ad avere l’idea di accogliere una persona rifugiata a casa. “Tempo fa una mia amica mi ha parlato del progetto Refugees Welcome Italia”, ci racconta, “e ho pensato che, avendo una camera in più inutilizzata, avremmo potuto farlo anche noi. L’ho proposto ai miei genitori, ero certa che avrebbero accettato”. E così è stato, come conferma Alessandra.

In passato avevamo già ospitato delle persone nell’ambito di un progetto di scambio per motivi di studio. Non avevamo però mai considerato l’idea di aprire le porte di casa ad un ragazzo rifugiato. Quando Serena ce l’ha proposto ho pensato: perchè no? Io mi considero una persona fortunata: ho una famiglia, un lavoro, una casa con una stanza libera perché due dei miei figli vivono per conto loro. Mi sono quindi detta: perchè non condividere quello che abbiamo con altre persone che possono vivere, anche momentaneamente, una situazione di bisogno? Se io mi trovassi al posto di Diabo, mi piacerebbe che qualcuno lo facesse per me”.

A Raniero, in famiglia, spetta il ruolo di quello “meno ottimista” e quindi all’inizio era un pò più cauto. “Non nascondo che avevo qualche perplessità: arriva a casa una persona nuova, quindi c’è il timore che gli equilibri all’interno della vita familiare possano cambiare. Ci abbiamo pensato e abbiamo concluso che comunque valeva la pena provare, perché sarebbe stata sicuramente un’esperienza interessante. Si può sempre trovare un nuovo equilibrio”.

Le perplessità di Raniero erano in parte anche quelle di Diabo che, pur essendo da sempre interessato a conoscere persone italiane, non aveva mai considerato l’idea di viverci insieme. “Sono arrivato in Italia a 18 anni e, sin dall’inizio, avevo il desiderio di stare con la gente del posto, farmi degli amici, avere qualcuno da frequentare, magari nei fine settimana. Ne ho parlato con l’operatore del centro di accoglienza. Quando lui mi ha proposto di andare vivere con una coppia con figli ero un pò timoroso. Mi è bastato incontrarli per rassicurarmi: la prima impressione è stata positiva perché erano tutti molto sorridenti. Mi sono subito piaciuti”.

“Anche a noi è piaciuto immediatamente”, ricordano Alessandra, Raniero e Serena:  “all’inizio era un po’ taciturno, come saremmo stati noi al suo posto in una situazione simile, in cui sei sotto osservazione. Abbiamo cercato di metterlo a suo agio, buttandola sullo scherzo e lui ha apprezzato, mostrandosi aperto e disponibile”.

Dopo qualche mese di convivenza, è ora dei primi bilanci, che non sembrano lasciare spazio ad ombre. “Non saprei indicare aspetti negativi della nostra convivenza”.

Diabo si è perfettamente inserito nei ritmi della nostra famiglia. Parliamo tantissimo, ci confrontiamo su tutto: dall’attualità allo sport, dalla politica alla cultura. È una persona curiosa, informata di quello che succede nel mondo ed è molto appassionato della storia del suo Paese, di cui ci racconta tante cose.
Raniero e Alessandra

“Questa esperienza sta rendendo il mio percorso di inclusione più semplice. Sto imparando tante cose che sono certo mi saranno utili quando potrò andare a vivere da solo. Mi aiuta molto, a livello psicologico, sapere di avere qualcuno su cui contare, con cui parlare, non essere più solo quando devo prendere delle decisioni o fare delle scelte”, dice Diabo.

Grazie alla rete di conoscenze della famiglia Tomei, inoltre, è riuscito a trovare un lavoro. Un amico di Serena cercava una persona che potesse aiutarlo come apprendista nella sua attività di elettricista e ha dato una possibilità a Diabo, che è molto soddisfatto di questo suo percorso professionale.

Per i Tomei, questa è una esperienza che consigliano a tutti:  “è uno scambio reciproco di modi di vivere, di culture, di esperienze che troviamo molto stimolante. Ti aiuta ad eliminare i pregiudizi, che a volta si hanno semplicemente perchè non si conosce. Aprirsi verso qualcun altro è sempre un arricchimento: vale con chiunque, ancora di più con una persona di un altro Paese”.

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