È bello avere la possibilità di conoscere un posto attraverso gli occhi e le esperienze di chi ci è cresciuto. Incontrare Benedetta mi ha aperto la porta di una città, Roma, in cui vivevo da qualche anno, ma che continuavo a sentire straniera”.  Larissa e Benedetta sono due coetanee, la prima nata in Camerun, la seconda in Italia, le cui vite si sono incrociate grazie al programma Community Matching, Comunità e Rifugiati insieme per l’integrazione – realizzato da Ciac e Refugees Welcome Italia, con il supporto di UNHCR Italia – che ha l’obiettivo di mettere in contatto rifugiati e rifugiate con volontari e volontarie, chiamati “buddies”, che possano affiancarli nel loro percorso di integrazione in Italia. A spingere Benedetta a partecipare al programma è stato il desiderio di fare qualcosa di concreto per costruire una società più inclusiva e solidale, in cui ci sia spazio per l’incontro e il dialogo: “in passato ho lavorato come volontaria in un centro di accoglienza in Belgio e mi sono resa conto di quanto importante sia creare delle relazioni tra le persone rifugiate e la comunità”, racconta. “Esistono barriere sia fisiche, sia culturali, che creano spesso contrapposizioni, incomprensioni e anche pregiudizi. L’unico modo per abbatterle è la conoscenza reciproca. Questo progetto è un modo per costruire un ponte fra due mondi che, altrimenti, difficilmente si incontrerebbero”, conclude.

Le relazioni umane fanno la differenza nella vita di tutte le persone, questo vale ancora di più per i rifugiati e le rifugiate: ti fanno sentire davvero parte della comunità.
Larissa

Per Larissa, arrivata in Italia da qualche anno per ricominciare una nuova vita in sicurezza e attualmente ospite di un centro di seconda accoglienza, l’incontro con Benedetta è stato soprattutto un modo per vincere il senso di isolamento: “vivo in Italia da più di due anni, ma al di là delle interazioni con gli operatori della struttura dove vivo, non ho avuto molte occasioni di conoscere persone del posto. Mi sentivo molto sola e desideravo fare nuove amicizie. Così, quando mi hanno parlato di questo progetto, ho pensato che fosse un’ottima opportunità per allargare la mia rete di relazioni”. Il programma Community Matching prende le mosse dalla consapevolezza che il coinvolgimento dei cittadini e delle cittadine abbia un ruolo fondamentale nel promuovere l’integrazione delle persone rifugiate e che il rafforzamento di legami relazionali possa facilitarne il percorso di autonomia. La giovane rifugiata sottolinea, inoltre, come questa esperienza l’abbia aiutata a rivedere anche alcune sue idee sull’Italia. “Devo ammettere che, all’inizio, avevo alcuni pregiudizi su questo Paese: mi avevano raccontato di alcuni episodi poco piacevoli capitati a delle persone straniere e questo mi aveva condizionato nel rapporto con gli altri. Per molto tempo ho avuto un pò di timore ad aprirmi: incontrare Benedetta mi ha aiutato a superarlo”.

All’inizio, avevo alcuni pregiudizi sull’Italia. Per molto tempo ho avuto un pò di timore ad aprirmi: incontrare Benedetta mi ha aiutato a superarlo.
Larissa

Esistono barriere sia fisiche, sia culturali, che creano spesso contrapposizioni, incomprensioni e anche pregiudizi. Questo progetto è un modo per costruire un ponte fra due mondi che, altrimenti, difficilmente si incontrerebbero.
Benedetta

A quattro mesi dal loro primo incontro, tra Larissa e Benedetta è nato un rapporto di amicizia fatto di passeggiate, confidenze e condivisione, nonostante le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria abbiano limitato la frequentazione. “Per me è un’esperienza di arricchimento reciproco. Grazie a Larissa, sto imparando molte cose sulla storia e l’attualità del Camerun, ma anche sulla musica e sulla cucina”, racconta Benedetta. Le fa eco Larissa: “il fatto di avere la stessa età, io 27 anni, lei 28, ci ha aiutato ad entrare subito in sintonia, in modo molto naturale. Mi trovo a mio agio con lei e parliamo di tutto. Andiamo in giro alla scoperta della città e delle sue bellezze, ci vediamo per un aperitivo o per aggiornarci sulle novità di entrambe. Ci diamo consigli sulla musica da ascoltare, Benedetta mi sta facendo conoscere i cantautori italiani”. Uno dei compiti dei case workers coinvolti nel progetto è proprio quello di studiare l’abbinamento fra i buddies, sulla base delle caratteristiche e dei bisogni di entrambi, in modo da individuare il “matching” migliore. Nel suo prossimo futuro, Larissa spera di poter riprendere gli studi, completando il master in risorse umane che aveva iniziato nel suo Paese, e di trovare un lavoro coerente con la sua formazione. “Devo ottenere il riconoscimento della mia laurea qui in Italia. La burocrazia è lunga e complessa. Benedetta, quando può, cerca di darmi una mano anche in questo”. Con il progressivo allentamento delle misure restrittive, le due ragazze sperano di poter approfondire ulteriormente la loro conoscenza: “questa esperienza mi dà tanta speranza e sono certa che io e Benedetta avremo modo di condividere tante cose. Le relazioni umane fanno la differenza nella vita di tutte le persone, questo vale ancora di più per i rifugiati e le rifugiate: ti fanno sentire davvero parte della comunità”, conclude Larissa.

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