Ieri l’Unione europea ha deciso, per la prima volta dalla sua entrata in vigore, di attivare la direttiva 55/2001 che consentirà di offrire protezione temporanea alle persone in fuga dall’Ucraina: cittadini e cittadine ucraini, richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale e apolidi, cittadini e cittadine di Paesi terzi con permesso di lungo soggiorno. In quest’ultimo caso, dopo un braccio di ferro con i paesi di Visegrad e l’Austria, si è deciso di permettere la discrezionalità della scelta ai singoli Stati, che potranno cioè applicare la direttiva oppure le normative nazionali in tema di asilo. Rimane l’esclusione di alcune categorie, prime fra tutti i migranti presenti irregolarmente, magari perché con permesso scaduto, o i titolari di permessi di soggiorno di breve periodo.
Il meccanismo di protezione immediata e temporanea, che permette di superare le lungaggini del sistema d’asilo, può essere attivato in caso di afflusso massiccio in territorio europeo di sfollati, cioè cittadini o apolidi provenienti da Paesi terzi che hanno dovuto abbandonare il proprio paese d’origine o che sono stati evacuati; si tratta, in particolare, di persone che fuggono a causa di una zona di conflitto o che sono a rischio di o soggette a gravi violazioni dei diritti umani. La Direttiva, messa a punto nel 2001 in seguito alle guerre nella ex Iugoslavia, non era mai stata applicata, nonostante tante fossero state le situazioni di crisi che lo avrebbero reso necessario, dalla Siria all’Afghanistan.
La protezione temporanea dà diritto a tutte le persone che scappano dall’Ucraina di ricevere un permesso di un anno per risiedere, lavorare, andare a scuola e ricevere assistenza sanitaria nell’Unione Europea, rinnovabile di sei mesi in sei mesi fino a tre anni.
Si tratta di un atto dovuto di solidarietà: accogliere, proteggere e mettere in salvo dalla guerra quante più persone possibile è obbligo europeo e prima ancora è principio basilare di civiltà. Nonostante l’esclusione di alcune categorie, fra cui coloro con permessi di breve periodo o privi di documenti, si tratta di un importante passo in avanti che speriamo segni un cambio di passo nella gestione dei flussi migratori a livello europeo. Ci auspichiamo che tutti gli Stati membri dell’UE adottino un approccio inclusivo e garantiscano una effettiva protezione. Ci auguriamo, inoltre, che questa decisione possa essere replicata ed estesa anche alle persone che fuggono da altre crisi, molte delle quali sono ancora bloccate, in condizioni molto precarie, ai confini dell’Unione europea. Non si deve tornare indietro: l’apertura dimostrata verso il popolo ucraino deve estendersi, senza discriminazioni, a tutte le persone in cerca di protezione, cessando i respingimenti alle frontiere e garantendo l’applicazione del diritto internazionale. L’altro aspetto ancora da chiarire riguarda il piano di ripartizioni europeo per l’accoglienza dei profughi dall’Ucraina. L’adesione dei singoli Stati per ora non è obbligatoria ma volontaria.