Trovare una casa, ma anche una famiglia: la lettera di Halima

 

Nessuno mette i suoi figli su una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra. Dopo tanti anni di guerra avevamo perso la speranza: pur essendo rifugiati in Italia, la guerra per noi continuava in un’altra forma. Grazie alla famiglia italiana che ci ospita, e a Refugees Welcome Italia, la nostra vita sta cambiando e abbiamo ritrovato la forza di credere in un nuovo inizio. Non c’è nulla al mondo più bello che avere un tetto sicuro, e di sapere che, quando esci la mattina, la sera sai dove rientrare. Abitavamo in una casa occupata e avevamo sempre paura di essere sgomberati. Vivere in un Paese straniero, senza un tetto, ti fa sentire ancora più insicuro e vulnerabile: come fai a integrarsi se ti manca il minimo, dove dormire, dove mangiare? A volte la sera rientravamo e i bambini non potevano fare i compiti perché la luce saltava, l’acqua calda non c’era e il bagno in comune era difficile da gestire. La mia mente era sempre occupata da questi problemi e non riuscivo ad avere la serenità necessaria a cercare lavoro. Lo stesso per mio marito. Grazie a questa famiglia italiana abbiamo trovato un posto sicuro dove vivere. Il giorno in cui siamo andati a conoscerli, i bambini si sono messi subito a giocare insieme e mi sono accorta che l’accoglienza non sta soltanto nel cuore dei genitori ma anche in quello dei loro figli. Uno dei momenti più belli della giornata è stato il pranzo che ci hanno preparato: i bambini hanno mangiato con gusto e mia figlia, che solitamente mangia poco, ha chiesto il bis. In quel momento mi sono accorta che finalmente eravamo sul binario giusto. Quando ci siamo trasferiti, abbiamo trovato una bella sorpresa: la casa era stata tutta arredata con i giochi per i bambini, i piatti e tutto il necessario.

Il primo giorno che abbiamo dormito nella casa che Paolo e Laura ci hanno messo a disposizione, a colazione i bimbi mi hanno detto che non gli sembrava vero di vivere in una casa “normale”. I miei figli sono contentissimi di avere dei nuovi amici, i figli di Paolo e Laura. Non abbiamo trovato solo una casa, ma anche una famiglia. Ci sentivamo e ci sentiamo protetti: credo che questo sia il senso profondo dell’accoglienza.

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