Una stanza in più per Saif

Massimo e Roberta sono una coppia romana, con due figli piccoli, che ha deciso di aderire al nostro progetto di accoglienza. Da tre mesi ospitano nella loro casa Saif, un giovane iracheno di 22 anni.

“Il desiderio di ospitare nasce dal voler restituire qualcosa, perché abbiamo avuto la fortuna di nascere in un Paese dove, nonostante alcuni problemi, si può crescere bene, in sicurezza”, racconta Massimo. “Oltre a questo, c’era anche la volontà di prendere posizione, di dire da che parte si sta. Poi abbiamo preso questa decisione anche pensando ai nostri figli. Quando fra qualche anno saranno più grandi e mi chiederanno “Voi cosa avete fatto”?, avrò una risposta. Abbiamo anche ridato vita ad una stanza vuota, che era diventata un magazzino, mentre ora ha un nuovo “proprietario”. Mi piacerebbe anche che si parlasse di più dell’accoglienza in famiglia, per cercare di cambiare la narrazione dominante sul tema dei rifugiati”.

“All’inizio”, aggiunge Roberta, “ci siamo confrontati con altre famiglie che stavano facendo questa esperienza di accoglienza, pensavamo anche noi di incontrare qualche difficoltà, come è naturale che sia. Invece sta andando tutto molto bene. Saif è un ragazzo indipendente ma, allo stesso tempo, ha un forte senso della famiglia: ha creato un bellissimo rapporto con i nostri figli, che lo adorano.
È una esperienza arricchente, qualcosa che ci fa sentire più grandi della nostra stessa famiglia. Sembrerà retorica, ma è molto di più quello che riceviamo di quello che diamo”.

Saif, da parte sua, conferma che la possibilità di vivere con una famiglia italiana gli sta rendendo più semplice adattarsi al modo di vivere del Paese che lo ospita. “Non basta imparare la lingua e trovare un lavoro, ma bisogna capire anche la cultura italiana e in questo Massimo e Roberta mi stanno aiutando tantissimo. Saif faceva il panettiere quando viveva ancora a Baghdad, e ora, a Roma, ha trovato un lavoro simile in una panetteria del centro. Il suo sogno è poter aprire un negozio tutto suo. “Gli orari sono un po’ pesanti perché lavoro di notte, ma è questo quello che amo fare. L’odore del pane appena sfornato la mattina…non potrei farne a meno e mi riporta indietro nel tempo, quando vivevo ancora in Iraq. È il profumo di casa”.

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