Quando è stato costretto a lasciare la Siria, Yamen temeva che non avrebbe mai più provato la sensazione di sentirsi a casa e di essere parte di una famiglia. Le famiglie, però, non sono solo quelle in cui nasciamo, ma anche quelle che ci scegliamo e che costruiamo grazie alle relazioni che creiamo con le persone che ci sono più affini. Ed è così che il giovane ingegnere, tramite il progetto di Refugees Welcome Italia, ha trovato una nuova casa: quella condivisa con Gaspard e Paul, una coppia gay che vive a Roma da nemmeno un anno.
Svizzero il primo, ecuadoregno il secondo, entrambi hanno alle spalle un’esperienza migratoria, molto diversa da quella di Yamen, che è stata determinante nella loro decisione di aprire le porte di casa ad una persona rifugiata. “Abbiamo avuto il privilegio di viaggiare per lavoro, per piacere, per motivi di studio. La migrazione è stata per noi sempre facile: abbiamo goduto della libertà di movimento che deriva dall’avere un determinato passaporto, mentre ci sono milioni di persone al mondo che, solo perché nate in un determinato Paese, non hanno accesso a quelle opportunità che invece per noi sono scontate. Volevamo essere solidali con chi, pur essendo come noi, gode di meno diritti”, racconta Gaspard. Gli fa eco Paul: “Ci siamo sempre ritenute delle persone privilegiate – abbiamo una bella casa, un buon lavoro e abbiamo vissuto in diverse parti del mondo – e ad un certo punto abbiamo sentito il bisogno di dividere tutto ciò con qualcuno in difficoltà”. Il resto lo ha fatto anche la loro sensibilità rispetto a certi temi: “credo che sia importante vivere coerentemente con i propri ideali. Lavorando nella cooperazione internazionale, il nostro obiettivo è quello di migliorare le condizioni di vita delle persone. Abbiamo deciso di voler applicare questi principi anche alla nostra vita privata”.
Prima di conoscerlo, avevamo timore che Yamen potesse avere dei pregiudizi rispetto alla nostra omosessualità. Appena l’abbiamo incontrato, abbiamo capito che le nostre paure erano infondate. Yamen è una persona con un profondo rispetto per la diversità e i diritti di tutti.
Gaspard e Paul
Gaspard e Paul si sono così rivolti a Refugees Welcome Italia, perché, pur non avendo sperimentato sulla loro pelle la situazione estrema di essere costretti a lasciare i loro pareri di origine, erano consapevoli di quanto può essere complesso iniziare una nuova vita in un posto che non conosci.
Nel frattempo Yamen, essendo prossimo a dover lasciare il centro di seconda accoglienza dove era stato accolto, si è rivolto all’Ufficio Migrazione del Comune di Roma, dove gli hanno parlato del progetto di accoglienza in famiglia di Refugees Welcome Italia: “Ho pensato fosse un’idea fantastica: desideravo fare una esperienza di convivenza con persone della mia età. Mi piace stare con gli altri e quindi non avevo particolari preoccupazioni o dubbi circa questa possibilità”.
Dai racconti dei tre ragazzi, emerge come tutto si sia svolto in modo naturale e rapido. “Mi sono sentito subito a mio agio con loro, come se fossimo amici da sempre”, conferma Yamen. Gaspard e Paul aggiungono: “l’attivista di Refugees Welcome che ci segue – Emilia – ci aveva detto di essere certa che Yamen ci sarebbe piaciuto e così è stato. Nel giro di pochi minuti, abbiamo iniziato a parlare delle nostre vite, a scherzare. C’è stata un’intesa immediata. Puoi capire molto di una persona dal suo sguardo: Yamen ha questi occhi comunicativi, limpidi e profondi che rispecchiano la persone che lui è”. L’abbinamento fra chi cerca e chi offre casa è il momento più importante del percorso che porta alla convivenza: gli attivisti di Refugees Welcome Italia lavorano molto su questo aspetto, che è determinante per la buona riuscita della coabitazione, valutando gli stili di vita e le caratteristiche delle persone coinvolte. Solo così è possibile individuare il “matching” che funziona.

Yemen conferma: “Anche se abbiamo un storie di vita molto diverse, alla fine abbiamo molte cose in comune. Ci siamo trovati tutti e tre a vivere in Italia da stranieri, a cercare di capire come funziona la vita qui, senza conoscere la lingua, e questo è qualcosa che ci ha unito. Ci siamo aiutati e sostenuti a vicenda”.
Rispetto alla loro omosessualità, Gaspard e Paul non nascondono di aver avuto qualche perplessità, probabilmente alimentata da alcuni stereotipi, circa la possibilità che Yamen li accettasse pienamente. “Prima di conoscerlo, avevamo timore che Yamen potesse avere dei pregiudizi. Per noi era importante poter essere noi stessi. Appena l’abbiamo incontrato, abbiamo capito che le nostre paure erano infondate. Yamen è una persona con un profondo rispetto per la diversità e i diritti di tutti”. “Quando mi hanno detto della possibilità di vivere con una coppia gay”, ricorda l’ingegnere siriano, “ho immediatamente fatto presente che per me era irrilevante. Quando vivevo in Siria avevo diversi amici gay e so cosa significa essere discriminati per il proprio orientamento sessuale o costretti a nascondere la propria identità. Da allora sono sempre stato molto sensibile alla causa dei diritti delle persone LGBTI e desideroso di poter aiutare, nel mio piccolo. Inoltre, quando ho vissuto in Germania, mi era già capitato di dividere casa con una coppia gay ed è stata una esperienza molto positiva. La diversità è ricchezza”.
Qui mi sento al sicuro. Avere una casa, degli amici, è molto confortante. Senti di essere di nuovo parte di una comunità.
Yamen
Dopo sette mesi di vita in comune, passati molto velocemente, i tre ragazzi sottolineano come si sia instaurato un bel rapporto di amicizia basato sullo scambio e il dialogo: si parla di tutto, dalle questioni più semplici alle più complesse, si condividono ricette, aneddoti e storie dei propri Paesi di origine. Allo stesso tempo, i tre sono molto indipendenti. “Ci piace cucinare assieme, giocare a carte la sera. Ho incontrato molti dei loro amici e mi è stato utile per allargare la mia rete”, dice Yamen. Ripensando ai momenti condivisi insieme, Paul ricorda la sera di Capodanno. “C’era il lockdown ed eravamo solo noi tre. Siamo usciti sul balcone per guardare i fuochi d’artificio: in quel momento ho avuto la sensazione che fossimo diventati una famiglia”. “La cosa più bella di questa esperienza”, racconta Yamen “è che mi sento al sicuro: sapere di avere una casa, degli amici, per una persona costretta a lasciare tutto, come me, è molto confortante. Sei di nuovo parte di una comunità. È una bellissima sensazione. Durante il lock-down è stato fondamentale”.

Yamen mi ha insegnato il senso profondo della parola resilienza. Nonostante tutto quello che ha dovuto affrontare, non ha mai perso la determinazione a migliorarsi
Gaspard
Fra poco più di un mese la convivenza terminerà: Yamen è pronto per iniziare una vita in piena autonomia. È tempo, quindi, anche per qualche riflessione sul senso di questa esperienza e su quello che ha insegnato ai suoi protagonisti. “L’unica cosa che ci differenzia è che abbiamo avuto delle vite diverse a causa di fattori su cui non abbiamo controllo”, dice Paul. “Yamen è diventato un rifugiato perché è cresciuto in un paese dove, ad un certo punto, è scoppiata una guerra. Noi, invece, abbiamo avuto il privilegio di nascere in un posto sicuro: questa disparità finisce per influire sulle opportunità che ognuno di noi ha ed è una cosa profondamente ingiusta”. Aggiunge Gaspard: “Yamen mi ha insegnato il senso profondo della parola resilienza. Nonostante tutto quello che ha dovuto affrontare, non ha mai perso la determinazione a migliorarsi: ha imparato l’italiano, ha trovato un lavoro qui. È una persona dalla mille risorse che può essere un valore aggiunto per la società che lo ha accolto. I rifugiati sono una risorsa, non un problema. Mi piacerebbe che molti la vedessero così”. Conclude Yamen: “Grazie a Refugees Welcome ho incontrato degli amici con cui ho molte cose in comune e sono certo che il rapporto proseguirà anche dopo la fine della convivenza. È un percorso in cui non si smette di imparare, è uno scambio sul piano umano e culturale. Tutto questo la rende una esperienza imperdibile”
La convivenza fra Yamen, Paul e Gaspard è stata realizzata nell’ambito del Progetto Destinazione Comune, finanziato dal Fondo Asilo Integrazione e Migrazione.