Through my eyes, ATTO I: la storia di Abdullahi

Attraverso i suoi occhi, la linea, quasi un confine che gli si pone davanti, è quella dell’arrivo. Ma Abdullahi sa che ogni traguardo è una nuova partenza, ogni approdo è l’inizio di un nuovo viaggio. Abdullahi Ali è sbarcato in Italia tre anni fa. Lui è di origine somala, è nato nel 1996, ma oggi vive a Superga. Abita in famiglia: vive con loro e lavora a Torino. E una volta all’anno partecipa a una gara podistica che si corre in collina. Nel 2018 aveva il pettorale 202 ed è arrivato terzo. Nel 2019 ha avuto nuovamente il pettorale 202, ma questa volta ha tagliato quel traguardo, quel confine, prima di tutti.

Termina con queste immagini la prima clip raccolta da “Through My Eyes”, il progetto video di Refugees Welcome Italia basato sulla metodologia partecipativa, finanziato nell’ambito del bando Frame, Voice Report dell’Unione Europea che ha l’obiettivo di  sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi legati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili.

In circa due mesi, Abdullahi, la sua famiglia, i suoi compagni di lavoro si sono raccontati attraverso una videocamera. Circa due mesi di immagini montate da Abdullahi e dalla regista Beatrice Surano (coordinatrice del progetto insieme ad Alessandro Cappai).

“E che mi fa sentire a casa”, sussurra Abdullahi quando nella sua cameretta si punta l’obiettivo addosso e guarda oltre lo specchio per ripercorrere la sua fuga. Un percorso lungo tanti Paesi dell’Africa fino all’Egitto: una rotta dove la terra, sotto forma di deserto, è letale quanto il mare. “A volte non mi piace ricordare questi momenti – dice -, perché sento che mi manca ancora qualcosa”.

E Trough My Eyes è lo sguardo oltre quell’orizzonte. Il racconto è soprattutto la storia del presente, della nuova famiglia, di Refugees Welcome nelle persone di Elena e Federico e dei suoi nuovi amici. Ecco perché Abdullahi Ali nei dieci minuti del suo video personale testimonia anche i giochi in salotto coi fratellini italiani, gli abbracci con i ragazzi e gli animatori di Artemisia: il laboratorio per ragazzi disabili nel quale svolge il servizio civile.

Una nuova vita riassunta in dieci minuti di immagini tra le quali c’è anche l’autobus che lo porta da casa al lavoro. E c’è  una strada che, quando non si può percorrere coi mezzi pubblici, diventa l’occasione per trovare un passaggio offerto da qualche vicino che la sera sale a Superga. Ci sono le cene, “come una vera famiglia”,  tutti insieme nelle serate invernali, aspettando la primavera per tornare di nuovo in cortile e giocare a pallone.

 

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