La grande e accogliente cucina con al centro un tavolo in legno è il cuore della casa di Margareta, da sempre aperta a chi è di passaggio o vive un momento di difficoltà. È qui che si ritrova spesso, per due chiacchiere in confidenza o un pasto, con Joy, la rifugiata nigeriana che ospita da febbraio 2021. “Accogliere non è una cosa nuova per me, l’ho sempre fatto, in diversi modi: aprendo le porte ai viaggiatori o a chi ha bisogno. Avevo una camera libera che solitamente affitto per soggiorni brevi, ma ho deciso di metterla a disposizione del progetto di Refugees Welcome. Mi è sembrato un ottimo modo per dare valore ad uno spazio che non stavo utilizzando e, al contempo, essere di aiuto a qualcuno”.
Dalla Nigeria ai campi di detenzione della Libia sino a Torino: la storia di Joy, come quella di molte sue connazionali, è costellata di violenza e sofferenze, ma anche di coraggio, libertà, dignità e speranza. In Italia dal 2016, la giovane ragazza ha ottenuto lo status di rifugiata e, a inizio 2021, ha terminato il suo percorso all’interno del circuito dell’accoglienza. Un momento molto delicato, che dovrebbe segnare l’inizio di un’autonomia che il più delle volte non è stata ancora raggiunta. Senza una rete di appoggio, il rischio è di finire in una nuova situazione di marginalità, compromettendo tutti i progressi fatti fino a quel momento. Per evitare a Joy una prospettiva del genere, la sua operatrice le ha consigliato di iscriversi al programma di accoglienza in famiglia di Refugees Welcome Italia. “Quando ho saputo di questa possibilità, mi è subito sembrata una opportunità da cogliere. Non avevo ancora un lavoro stabile che mi potesse permettere di pagare un affitto, ma soprattutto mi piaceva l’idea di socializzare con altre persone del posto. Sono stata 4 anni nel sistema di accoglienza e non ho avuto mai possibilità né di vivere con italiani, né di conoscerne molti, a parte le operatrici che lavoravano nella cooperativa che gestiva il centro in cui vivevo. Mi sono detta che era ora di provare qualcosa di diverso”.
Margareta ha capito come sono fatta e mi ha lasciato i miei spazi. È stata capace di starmi vicino con discrezione. Qui mi sono sentita sempre libera di essere me stessa.
Joy

Due mondi lontani, quelli di Joy e Margareta, che hanno saputo incrociarsi e comprendersi, creando un’intesa basata su un equilibrio che concilia indipendenza reciproca e vicinanza. “Io sono una persona piuttosto chiusa e riservata. L’esperienza dolorosa del viaggio ha acuito questi miei tratti. Margareta ha capito come sono fatta e mi ha lasciato i miei spazi, pur sapendo di poter contare su di lei quando ne avevo bisogno. È stata capace di starmi vicino con discrezione e l’ho molto apprezzato. Penso che non mi sarei trovata altrettanto bene in una famiglia più “tradizionale”, dove magari ci sono abitudini radicate a cui mi sarei dovuta adeguare. Qui mi sono sentita sempre libera di essere me stessa“, racconta Joy. “Credo di aver vissuto questa esperienza con lo spirito giusto e senza particolari aspettative. È facile, in queste circostanze, aspettarsi qualcosa dall’altra persona o dare per scontato che si debba per forza instaurare una relazione significativa. Io ho intuito subito che Joy aveva bisogno di avere accanto una compagnia non invadente, rispettosa dei suoi silenzi e del suo desiderio di autonomia, perché anche io sono fatta così. Amo l’indipendenza e ho dei ritmi di vita non convenzionali. Il nostro è stato un incastro che ha funzionato e di questo va dato merito all’associazione”. Uno dei compiti di Refugees Welcome è proprio quello di studiare l’abbinamento fra famiglia ospitante e persona accolta, sulla base delle caratteristiche e dello stile di vita di entrambi, in modo da individuare il “matching” migliore.
Ho intuito subito che Joy aveva bisogno di avere accanto una compagnia non invadente, rispettosa dei suoi silenzi e del suo desiderio di autonomia, perché anche io sono fatta così.
Margareta
Joy ora ha trovato lavoro come aiuto cuoca e sta cercando una casa tutta per sé, più vicina al ristorante. L’autonomia è ad un passo. “Per me sarà un momento molto importante, la conclusione di una fase della mia vita e l’inizio di una nuova. È stato un percorso faticoso, non sempre lineare, in cui io stessa ho avuto molte incertezze, ma alla fine ho trovato la mia strada. La parentesi di vita in famiglia è stata fondamentale, mi ha dato il tempo di sentirmi finalmente pronta all’indipendenza e di lasciarmi alle spalle alcune delle mie paure”. Le fa eco Margareta: “sono orgogliosa di Joy e ammiro la sua resilienza, anche se è una parola di cui spesso si abusa, non comprendendo a fondo il significato. Dopo tutto quello che ha passato, non ha perso mai il sorriso e la sua indole positiva verso la vita. Mi mancherà sentirla cantare, ha una voce meravigliosa che riempie la casa di gioia”.

Penso che l’accoglienza in famiglia sia un ottimo strumento per facilitare l’incontro fra mondi che altrimenti non si sfiorerebbero. È una palestra per allenare la propria empatia.
Margareta
Dopo quasi nove mesi, la convivenza sta per terminare. “Cosa mi ha lasciato questa esperienza? Sicuramente è un’ottima palestra per allenare la propria empatia e per capire come si vive nei panni degli altri. Mi trovo a mio agio nel conoscere persone nuove e confrontarmi con realtà diverse dalle mie. Penso che l’accoglienza in famiglia sia un strumento efficace per facilitare l’incontro fra mondi che altrimenti non si sfiorerebbero nemmeno. Sarei contenta di vedere sempre più persone aprire la porta della loro casa”, racconta Margareta. “La convivenza mi ha dato l’opportunità di comprendere meglio il modo di vivere di questo Paese, che spesso, in passato, ho sentito lontano e sconosciuto. Ora mi sento un pò italian anche io”, conclude, sorridendo, Joy.