Il piacere di sentirsi dire: “Come stai”?
È proprio vero che nella vita il tempo è tutto: c’è bisogno di tempo per conoscersi e studiarsi meglio, tempo per capire il carattere e le abitudini di chi ci sta vicino. Così è stato per Anna, Francesco e Awa che da un anno condividono casa a Bologna. All’inizio della convivenza Awa, 25 anni originaria del Gambia, era una ragazza molto timida, silenziosa e riservata. Aveva sempre vissuto in un centro d’accoglienza e non sapeva cosa aspettarsi dall’esperienza in famiglia: “quando mi sono iscritta al progetto non sapevo come poteva essere la vita in una famiglia italiana ma quando ho incontrato Anna per la prima volta non ho pensato a nulla di male, lei e il marito avevano accolto in passato due ragazzi del Mali e Gambia e ho pensato che potevo fidarmi”.
Anna e Francesco sono stati una “famiglia accogliente” per altri due ragazzi ed esserlo anche per Awa è stato naturale: “eravamo molto curiosi di accogliere una ragazza e di iniziare un’esperienza diversa dalle altre. Quando abbiamo conosciuto Awa abbiamo capito che dovevamo darle del tempo per conoscerci ed entrare in confidenza con noi, avevo la consapevolezza che le cose un poco alla volta si sarebbero svelate da sole” racconta Anna.
Effettivamente a distanza di un anno le cose sono cambiate, i timori iniziali sono svaniti. Awa si sente più a suo agio e questo ha messo in luce anche un lato più spiritoso del suo carattere che era rimasto nascosto. Anche Francesco si è aperto di più: “sono sempre stata io a promuovere l’accoglienza in famiglia, mio marito aveva qualche timore ma ho visto una grande trasformazione in lui, è cambiato grazie alle convivenze che abbiamo attivato ed oggi è un punto di riferimento per i ragazzi che sono stati nostri ospiti. Lui è felice di avere Awa a casa con noi che lo vizia, e per Awa è lo stesso…guai a chi le tocca il suo papone!” ci dice Anna ridendo.
Rispetto ai primi mesi si nota più confidenza, si condividono più cose, si scherza e ci si prende in giro. Prima del Coronavirus i loro orari erano completamente diversi, Awa lavorava su turni anche nel weekend e non riuscivano a vedersi spesso, ora invece passano più tempo a casa insieme e si stanno conoscendo più approfonditamente.
Un hobby che ha contribuito a rafforzare la loro relazione è stata la cucina: “Awa è molto brava a cucinare, ed è una vera disgrazia perché mangiamo sempre! Cucinare insieme era un’abitudine che avevamo prima dell’arrivo del virus ma adesso è diventata una cosa esagerata, cuciniamo in continuazione” ci rivela Anna. Awa ha frequentato un corso di cucina e si diverte a preparare pietanze italiane e africane: “mi piace cucinare tutto ma il mio piatto preferito italiano sono le lasagne quello africano è il Tchep, un piatto tradizionale con carne e riso”. Inoltre, Awa ci racconta, ridendo, che sta approfittando di questo periodo di reclusione forzata per esercitarsi con i quiz per la patente: “è un disastro non capisco nulla, per fortuna Anna e Francesco mi stanno aiutando!”. Francesco la supporta con la parte più tecnica spiegandole il codice della strada, Anna invece le da una mano con la comprensione della lingua ma è uno studio pesante e ogni tanto Awa non si presenta a lezione!
Ma oltre al supporto con la patente, Awa ci confida che Anna e Francesco sono sempre presenti e disponibili ad aiutarla: “quello che apprezzo di più di loro è che mi chiedono sempre se sto bene, sono contenta quando qualcuno mi chiede come sto e sono felice di aver fatto questa esperienza che è davvero particolare e che mi ha insegnato a guardare le cose con occhi diversi”. Anna ci rivela di essere davvero contenta che Awa sia riuscita aprirsi di più: “è bello riuscire a stringere un rapporto di fiducia con le persone che ospiti, anche noi siamo felici di aver preso parte al progetto, ogni convivenza ci ha donato qualcosa, la nostra famiglia si allarga sempre di più e di una cosa siamo certi: non siamo destinati a rimanere soli”!