Ora sono finalmente in Europa!

Sono sbarcato a Lampedusa il 29 ottobre del 2016. Si, il mio è stato proprio quel tipo di viaggio della speranza di cui sentite tanto parlare: ho lasciato il Gambia quando ancora c’era la dittatura, attraversato Senegal, Mali, Algeria e Libia. E poi la barca. Quando sono arrivato sull’isola non mi sono preoccupato del posto in cui mi hanno messo, ero troppo contento di essere sopravvissuto e sapevo che era una soluzione provvisoria. Molti dei compagni conosciuti durante il viaggio volevano proseguire per l’alta Europa, ma non io. Io, non so perché, ho sentito che in Italia qualcosa mi tratteneva. Forse la lingua, perché l’italiano mi piace tanto, o forse qualcosa nelle persone. A Lampedusa ho conosciuto il signor Papalino e mi ha colpito molto. Lui ha una libreria e ci aiutava sempre tutti: ci faceva usare internet, ci insegnava le cose in italiano quando ancora non lo capivamo, era buono e gentile e non si arrabbiava nemmeno con quelli che facevano casino ed erano testoni. Ero stupito che lo facesse, perché non era il suo lavoro, non era obbligato. Lì ho capito che in Italia c’erano delle persone belle.
Ecco, la bellezza della lingua e Papalino sono le ragioni che mi hanno spinto a rimanere in Italia. Dopo un breve periodo a Lampedusa mi hanno portato al CAS di Castelnuovo di Porto, dove sono rimasto più di un anno. Non era il posto dove immaginavo di essere accolto in Europa. All’inizio ero talmente stupito che sono rimasto immobilizzato, poi ho capito che dovevo integrarmi, ho cominciato a studiare italiano e mi hanno iscritto alla Scuola media di Monterotondo dove ho preso la licenza.

Ma dal CAS di Castelnuovo era difficilissimo muoversi, perché passano pochi autobus e alle 9 di sera non ce ne è più nemmeno uno. Con altri ragazzi del centro, però, andavamo un po’ nei paesi quando potevamo, a Capena, Fiano e Castelnuovo, per conoscere un po’ le persone del posto e stare a contatto con la gente del paese. Volevo conoscere come è fatta l’Italia, come stanno le persone, la cultura. Volevo integrarmi. Ma al CAS mi sentivo in gabbia. Al CAS eravamo tantissimi e le stanze erano affollate, quindi per ragioni di sicurezza c’erano anche le guardie armate. Io capisco che è giusto preoccuparsi per la sicurezza, ma vengo da un paese in cui c’era una dittatura e a me le armi fanno paura, non si può stare tranquilli in una stanza dove ci sono uomini armati. Quando mi guardavo attorno in questa
situazione mi sembrava di non essere mai arrivato in Europa, pensavo di essere ancora in Libia.
Mentre ero lì ho fatto la Commissione e a distanza di quasi un anno, il 23 aprile 2018, ho avuto lo status di rifugiato. Quindi sono stato trasferito allo SPRAR di Mostacciano. Lì la situazione era molto meglio, eravamo una sessantina in tutto e le stanze erano da tre o quattro persone. Mi sono iscritto all’istituto professionale Cattaneo. Allo SPRAR mi hanno aiutato a trovare lavoro part time in un centro di riabilitazione per disabili, e il pomeriggio andavo a scuola. Ma in questa scuola non si studiava abbastanza, così ho cambiato e ora faccio il terzo anno di un istituto tecnico turistico. Ora studio bene, mi piace molto!
Dopo circa 8 mesi di SPRAR in cui uscivo la mattina per andare al lavoro e tornavo la sera dopo la scuola, l’assistente sociale mi ha mandato a chiamare e mi ha spiegato il progetto Refugees Welcome. Mi ha detto che ci sono delle famiglie italiane che ospitano i migranti a casa e che se l’idea mi interessava potevo iscrivermi. Io però non ero convinto perché avevo paura di dare fastidio a queste persone che non conoscevo e anche paura che loro potessero dare fastidio a me.
Ma siccome al Centro avrei potuto rimanere ancora pochi mesi soltanto, l’assistente sociale mi ha consigliato di iscrivermi a Refugees Welcome, altrimenti avrei dovuto pagarmi l’affitto e quindi lavorare a tempo pieno e lasciare perdere la scuola. Allora ho accettato di fare questa scommessa. Per me è stata una scommessa. Io sono una persona solitaria, non parlo molto, faccio le mie cose da
solo… non ero per niente convinto!!!

Dopo qualche mese sono stato chiamato. Ho fatto prima degli incontri con gli operatori, che mi hanno chiesto che cosa mi piaceva e cosa non mi piaceva e che tipo di famiglia avrei voluto. Dopo pochissimo, meno di un mese, mi hanno richiamato per dirmi che avevano trovato la famiglia. Così ci siamo incontrati tutti insieme, io, gli operatori di Refugees Welcome e la famiglia. Avevo paura, ansia, ero molto agitato….invece è stato facile! Ci siamo incontrati al laghetto dell’EUR con Massimo, Maria Grazia e Valerio, che è il loro figlio grande che ormai abita da solo. Era durante il Ramadan, quindi non potevamo nemmeno andare al bar!
Abbiamo fatto una passeggiata e poi il giorno dopo li ho rivisti e mi hanno invitato a vedere la casa. Ho capito subito che i miei pregiudizi erano sbagliati, che gli italiani non erano come pensavo negli ultimi mesi, che c’erano davvero persone come Papalino.
Cosa è cambiato per me da quando sto con loro? Fin da subito con loro mi son sentito trattato come un essere umano come tutti gli altri, cioè come ognuno dovrebbe essere trattato: come una persona. Dopo due settimane che stavo con loro hanno fatto addirittura una festa di benvenuto! E poi questa soluzione mi ha permesso di continuare gli studi e di avere speranza per il futuro. Ora oltre alla scuola faccio anche il servizio civile, faccio assistenza sociosanitaria a ragazzi disabili.
Una cosa mi ha stupito più di tutte: un giorno Massimo e Maria Grazia sono venuti a prendermi al centro. Il contratto di convivenza non era ancora finalizzato ma quando siamo andati a cena Massimo mi ha dato in mano qualcosa e mi ha detto “prenditi queste chiavi!”.
Io non me lo aspettavo davvero in quel momento, sono rimasto in silenzio perché non sapevo cosa dire ma è stata una cosa bellissima!
Sentire di nuovo la fiducia, poter di nuovo entrare e uscire quando mi pare mi ha fatto sentire libero come un uccello nel cielo. Il confronto diretto con le persone mi ha insegnato tanto di questa cultura: mangiamo insieme, ridiamo insieme, passeggiamo insieme, discutiamo…vivo come qualsiasi essere umano dovrebbe vivere, fuori e dentro la sua patria. ORA SONO ARRIVATO IN EUROPA!

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