Nonostante nel Mediterraneo si continui a morire, la direzione delle politiche migratorie dell’Unione europea non cambia. L’8 giugno 2023, il Consiglio dei ministri dell’Interno europei ha trovato un accordo relativo al nuovo Patto su migrazione e asilo, che limita fortemente il diritto di asilo e insiste sull’esternalizzazione delle frontiere, con due obiettivi chiari: scaricare sui paesi esterni all’UE la gestione dei flussi migratori e limitare il numero di persone a cui viene riconosciuta la protezione internazionale in Europa. Totalmente assenti temi come il soccorso in mare o l’incremento di vie legali e sicure.

L’intesa, che ora dovrà essere negoziata con il Parlamento europeo, modifica due regolamenti relativi alle procedure di frontiera e alla gestione dei richiedenti asilo in Europa ed è frutto di un processo decisionale e politico iniziato nel 2015. Di seguito i punti principali.

Responsabilità e solidarietà 

Il regolamento di Dublino rimane sostanzialmente invariato: lo stato responsabile dell’esame della domanda di asilo resta quello di primo arrivo in Europa, per un periodo esteso ora a 24 mesi ( prima erano 12). Questo vuol dire che gli stati europei di frontiera continueranno ad avere più oneri. Viene introdotta una forma di solidarietà obbligatoria nella redistribuzione dei migranti, ma flessibile. Tutti i Paesi membri dovranno contribuire, sulla base di Pil e popolazione, potendo però  scegliere tra ricollocamenti e un contributo finanziario, pari a 20 mila euro per persona migrante non accolta, che confluirà nel fondo comune per la gestione delle frontiere esterne. È prevista una quota minima di 30 mila ricollocamenti ogni anno.

Procedura di frontiera

L’esame delle domande di asilo seguirà la cosiddetta procedura di frontiera, un iter accelerato e sommario che si dovrà concludere entro 12 settimane dalla presentazione della domanda. Questa procedura si applicherà automaticamente dopo un attraversamento irregolare, o in seguito allo sbarco dopo un’operazione di ricerca e soccorso in mare o se la persona migrante proviene da un paese con un tasso di riconoscimento della protezione internazionale inferiore al 20%. Nessuna deroga per famiglie con minori. Un utilizzo esteso della procedura di frontiera equivale ad un aumento del numero di persone rinchiuse nei centri di detenzione alle frontiere esterne e sottoposte a procedure di asilo al di sotto degli standard.

Respingimenti e paesi sicuri

La definizione di “paese terzo sicuro” è stata compromessa. Gli stati europei avranno autonomia nel definire un stato come “sicuro” e quindi potranno attuare respingimenti anche verso un paese  di transito. L’obiettivo implicito è quello di trasferire la responsabilità ai paesi extraeuropei, nonostante l’85% dei delle persone rifugiate a livello mondiale sia accolto fuori dall’Europa. Questa politica indirizzata al durissimo contrasto all’immigrazione irregolare e ai rimpatri forzati verso luoghi che non possono essere ritenuti realmente sicuri danneggia l’intero impianto del diritto di asilo, a partire dal principio di non respingimento.

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