Quando ripensa alla sua vita in Camerun, a Roland sembra un ricordo lontanissimo, l’evocazione di qualcosa andata perduta per sempre. Gli basta però sedersi alla macchina da cucire per far svanire subito questo pensiero. Sono passati solo due anni da quando è stato costretto a lasciare il suo paese, e una relativa stabilità, per motivi politici. Arrivato in Italia Roland ha chiesto e ottenuto l’asilo politico rapidamente, per poi iniziare il suo percorso all’interno del sistema di accoglienza. A poco a poco, ha rimesso in moto la sua vita, a partire dalla sua grande passione, cucire, e da una grande determinazione a trovare la sua strada nel Paese che è la sua nuova casa. In questo percorso, l’accoglienza in famiglia rappresenta per lui un passaggio fondamentale. Da dicembre 2020, il ragazzo vive con Vittorio nella sua casa di San Lorenzo, noto quartiere romano.
“La macchina da cucire mi dà serenità: rappresenta la continuità fra la mia vita di prima e quella di ora. È una delle poche cose che non è cambiata e mi fa pensare che non tutto è perduto”.
Roland
“La condizione di rifugiato ti impone costantemente il confronto con il nuovo. È un percorso di adattamento in cui imparare il più possibile, e in fretta, diventa una questione di sopravvivenza. Hai bisogno di creare nuove abitudini, un senso di appartenenza a qualcosa che renda più tollerabile il distacco da tutto quello che sei stato. Vivere con Vittorio mi sta aiutando a sentirmi più radicato, a creare dei legami, ad capire il modo di vivere degli italiani”, racconta Roland.
Dare ad un rifugiato la possibilità di avere più tempo e più tranquillità per costruire il proprio percorso è uno dei motivi che hanno spinto Vittorio ad aprire le porte della propria casa: “So quanto possa essere complicata la fase successiva all’accoglienza istituzionale: ci sono tante persone che, uscite dal circuito dei centri, hanno difficoltà a trovare subito un lavoro stabile, una sistemazione dignitosa. Il rischio è che finiscano per strada e che tutti i progressi fatti fino a quel momento vadano in fumo”.

Il ricercatore romano ha quindi approfittato del trasferimento in una nuova casa, con una camera libera, per iscriversi sul sito di Refugees Welcome Italia.
“Solo superando i muri – reali e culturali – che generano questa separazione fra noi e loro e creando spazi di scambio e di condivisione è possibile realizzare una comunità realmente inclusiva”
Vittorio
A soli quattro mesi dall’inizio della convivenza, Vittorio e Roland hanno facilmente trovato un equilibrio: “Viviamo come due coinquilini. Ci vediamo essenzialmente la sera, perché durante il giorno siamo entrambi molto impegnati. Ci siamo divisi i compiti in modo naturale, seguendo le nostre attitudini: io mi occupo di cucinare e fare la spesa, Roland è più dedito alla pulizia e a mettere in ordine. Ci siamo incastrati bene. Roland conferma: “Vittorio è un ottimo cuoco e, grazie a lui, sto assaporando piatti nuovi che non conoscevo. Fino ad oggi siamo andati sempre molto d’accordo, ma anche se ci fossero stati dei problemi, sono certo che avremmo potuto risolverli parlando. Crediamo entrambi che il dialogo e il confronto siano la base di ogni convivenza”.
Dopo aver frequentato un corso di alta sartoria del centro Samifo, Salute Migranti Forzati, ora Roland svolge un tirocinio da Coloriage, una sartoria sociale. “La mia passione per il cucito è nata in Camerun, dove lavoravo per la casa di moda di un famoso stilista africano, Pathé’O, che disegna modelli ispirati allo stile occidentale e li realizza con tessuti locali. Grazie a questo lavoro ho viaggiato molto in Africa e in Asia e ho avuto l’occasione di conoscere costumi e tessuti di diverse culture. Da quando sono in Italia, mi sono dedicato a migliorare le mie competenze professionali in questo ambito. Mi piace molto il lavoro da Coloriage: nonostante sia ancora agli inizi, mi affidano ogni giorno capi più complicati e sto imparando moltissimo sulle tecniche e sulle rifiniture della sartoria europea. Il mio sogno è di avere, un giorno, un mio studio”.

La commistione fra stili e culture diverse è un tratto distintivo dei capi che Roland cuce: non è raro vederlo con addosso capi cuciti da lui stesso.“Mi piace molto questo suo interesse per la moda e il design italiani, il suo trasporto. Penso sia positivo per lui poter ricostruire la sua vita in un posto che ama”, commenta Vittorio.
“Per me, sarebbe stato più semplice chiedere asilo in Francia, paese di cui conosco bene la lingua, essendo francofono, e dove vive mia sorella. Ma ho scelto l’Italia perché ho sempre avuto una grande passione per tutto quello che è made in Italy e una istintiva simpatia per gli italiani, che considero un popolo molto aperto e accogliente” racconta Roland.
L’esperienza in famiglia sta contribuendo a rafforzare questo suo legame con il nostro Paese. “Ricordo bene quando sono entrato per la prima volta a casa di Vittorio: lui mi ha mostrato la mia camera e gli spazi in comune. Per me è stato un gesto di grande fiducia nei miei confronti, che mi ha fatto sentire bene e a mio agio. Da allora quella sensazione non è più andata via. Quando la sera rientro e Layala, il cane di Vittorio, mi corre incontro e mi fa le feste, mi sento davvero a casa. E dire che i cani non mi sono mai piaciuti. In questa nuova vita, sto mettendo in discussione molte delle mie certezze”.