La porta aperta di Gianni e Teresa.
“La nostra casa e la nostra famiglia non sono nuove ad esperienze di ospitalità, ma l’attuale convivenza con Ahmed offre l’occasione per alcune riflessioni.
Intanto occorre evidenziare come, nell’attuale contesto storico e sociale, spesso la solidarietà non sia considerata positivamente. Il rischio è che venga visto come incomprensibile o eroico l’accogliere una persona in uno spazio della propria casa.
In realtà la sfida vera (che è anche la vera ricchezza dell’esperienza che stiamo vivendo) è lasciare spazio nelle relazioni della famiglia a questa novità, ad una persona con un vissuto altro dal nostro.
L’elenco delle differenze è notevole, dal gap anagrafico non solo tra di noi ma anche con i nostri figli conviventi (Ahmed ha 19 anni, i nostri figli 26, 28 e 30, noi qualcuno di più…..), agli stili di vita legati alle necessità lavorative (lavoro notturno disagiato in sedi non vicinissime a casa nostra), all’alimentazione, alla religione, ma sempre con il desiderio di capire di più gli uni degli altri. Interessante la sua curiosità di sapere che cosa significa per noi andare a Messa, per esempio, o il desiderio di rendersi utile cucinando o pulendo la casa, o volendo contribuire per l’acquisto del latte o del caffè.
Gli incontri non sono molti (o non così frequenti come vorremmo) perché le nostre vite corrono su percorsi e organizzazioni differenti ma il desiderio di passare un po’ di tempo insieme in casa per chiacchierare, fare qualche gioco e, quando si riesce, anche a cucinare qualche piatto tipico del suo Paese, la voglia di condividere le uscite anche a trovare amici e parenti sono vivi e sempre fonte di gioia e tenerezza, nel nostro dapprima incerto abbracciarci che via via si è sempre più trasformato in un gesto sincero e condiviso.
Nei rari contatti con la sua famiglia in video-chiamata abbozziamo il saluto e il sorriso reciproco e conosciamo la sua realtà sempre un po’ di più, con il naturale riserbo di alcuni tratti della sua storia che non si sente di raccontare fino in fondo.
Va rispettato per questo, e la sua intimità protetta, perché capiamo che può far male parlare di alcune cose. Ma Ahmed sa che può contare su di noi: cerchiamo di essere in ascolto quando e come si riesce.”
Gianni e Teresa