“Prima gli ultimi”: storie di chi non si è girato dall’altra parte.
In un momento in cui si chiudono i porti, si alzano muri, soffiano venti di razzismo, c’è anche chi apre le porte di casa per accogliere chi scappa da guerre e povertà. Nel libro di Rino Canzoneri, uscito per Edizioni Le Paoline, si raccontano le storie di chi, dinanzi a uno dei più grandi drammi del nostro tempo, quello delle migrazioni, ha scelto di non girarsi dall’altra parte, ma di accogliere, dare una mano a chi chiede aiuto. Sono storie di coppie che hanno adottato bambini di pochi mesi arrivati in barca da soli perché le loro mamme sono morte in mare; di bambini abbandonati da giovani donne che hanno subito violenza; di tutori volontari che hanno fatto di tutto per assicurare un futuro ad alcuni ragazzi e di persone che ospitano rifugiati o sostengono giovani migranti sino a portarli a traguardi impensabili. Fra queste ultime, anche tre persone – Lucia, Marco e Michela, che hanno aperto le porte ad un rifugiato grazie al nostro progetto.
L’altra sorpresa che documenta questo libro è quella che in questo rapporto col migrante chi lo accoglie vive sentimenti, emozioni, affetti, amore e trova una sorta di benessere, di felicità, ne ricava un arricchimento umano e culturale, scopre, chi l’avrebbe mai detto, che da questo incontro riceve molto di più di quanto dà.
Non si tratta, quindi, solo di gesti di altruismo, tanto per mettersi la coscienza a posto, ma di qualcosa di più grande, appagante, che dà serenità, il piacere di sentirsi utili, di vedere crescere e avviare verso una vita dignitosa chi invece era destinato a finire in chissà quale buco nero della nostra società.
“Prima gli ultimi” è un libro che trasuda di umanità. C’è il tutore volontario che ha fatto mille battaglie per far realizzare i sogni di un minorenne straniero non accompagnato. La coppia che ha preso in affido ed ha portato nella loro casa un ragazzo egiziano che viveva in comunità e lo ha avviato in un percorso di integrazione che gli assicurerà un futuro. E poi il caso di Rumon, ragazzo del Bangladesh che offriva rose agli ospiti dei ristoranti in cambio di qualche moneta e che grazie all’aiuto di un notaio, un
professore ed un ottico è diventato medico, ora specializzando in cardiologia. E quello di un ingegnere che ha rimesso a coltivazione il frutteto abbandonato e riattivato la sua piccola falegnameria dismessa per dare un’occupazione a due giovani africani che bussavano alla sua cascina chiedendo di poter lavorare.
E ancora la coppia che ha ospitato in casa una ragazza nigeriana incinta di otto mesi destinata a finire per strada. Si sono occupati di lei come una figlia, facendole fare tutte le visite ed i controlli necessari e tenendogli la mano la notte in sala parto. Ed è nato un legame indissolubile ed una felicità immensa quando è venuta alla luce, in una notte tutta bianca, la piccola Isabella. Un’altra coppia con due bambini ha ospitato un ragazzo nigeriano. I vicini erano impauriti e diffidenti ma poi, conoscendolo, non potevano fare a meno di lui. E i piccoli cercavano sempre Madou per giocare e divertirsi con lui.
Infine la storia di un intero quartiere di Palermo, quello dell’albergheria, che accoglie migranti provenienti da diciassette paesi stranieri. “Qui siamo tutti mischiati e viviamo felici e contenti”, dicono i suoi abitanti.
Sono storie di eroi silenziosi e sconosciuti che nel dare affetto e solidarietà agli altri hanno scoperto che donando si riceve più di quello che si dà.