“Mi chiamo Chiara e, negli anni, ho imparato che se vuoi cambiare un contesto non basta combatterlo. Devi essere capace di pensare una visione alternativa, migliore di quella che combatti e poi farla accadere nella vita reale. “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” diceva Gandhi.
Per questo, quando ho letto dell’iniziativa di accoglienza “in famiglia” di Refugees Welcome Italia, ho deciso di partecipare, mettendo a disposizione la mia stanza degli ospiti. Allora, la mia esigenza era quella di praticare una forma di resistenza, un antidoto al clima di intolleranza ed odio che intossica l’aria che respiro.
Così ho conosciuto Saba. Una mia coetanea etiope con cui ho costruito una relazione di convivenza, amicizia e solidarietà che dura da qualche mese. Se state leggendo della mia esperienza perché vi aspettate una storia incredibile, resterete delusi. Siamo una normalissima coppia di coinquiline. Ci svegliamo presto la mattina e usiamo due caffettiere diverse perché il mio caffè, secondo lei, è “forte da infarto”. Ci disperiamo allo specchio mentre ci sistemiamo i capelli lamentandoci una volta del mio riccio moscio e quella successiva del suo, ispido. Dividiamo le incombenze casalinghe e ci raccontiamo le storie della nostra vita e quando ci succede qualcosa di spiacevole a volte sappiamo consolarci e a volte no. Ultimamente la nostra comune missione è la lotta ai dolori alla cervicale e il nostro campo di battaglia i due tappetini da yoga che teniamo in salotto. Forse di davvero incredibile c’è la bontà del suo zighinì e lo spasso alle feste della comunità etiope a Roma a cui posso finalmente imbucarmi perché ho “un aggancio”.
Di speciale, invece, c’è che ci preoccupiamo l’una per l’altra e ci teniamo al sicuro. E di questo sono felice perché ogni donna al sicuro è una luce sul mondo. Una luce che, ultimamente, troppe persone provano ad oscurare. A casa nostra però, non ci sono ancora riusciti”.