Con il progetto Le Chiavi di Casa, Refugees Welcome arriva a Mantova, Verona, Vicenza, Treviso.

Si rafforza la presenza in Veneto della nostra rete, con la nascita ufficiale di nuovi gruppi nelle città di Verona, Vicenza e Treviso, a cui si aggiunge anche Mantova. Il tutto grazie al progetto Le Chiavi di casa, sostenuto dalla Chiesa Valdese attraverso i fondi dell'8x1000, che ha l'obiettivo di promuovere la sperimentazione dell'accoglienza in famiglia in nuovi territori, fra cui la Campania e, appunto il Veneto.

Lo scorso fine settimana si sono tenute le prime giornate di formazione dei nuovi gruppi nelle città di Verona e Mestre, che hanno registrato un significativa presenza di pubblico, fra aspiranti attivisti e persone interessate ad ospitare, tutti accomunati da una forte motivazione a mettersi in gioco. “Penso che solo attivandoci possiamo fare in modo che la comunità ci somigli di più. Se non vogliamo tenerci quello che non ci piace, dobbiamo impegnarci in prima persona per cambiarlo”.

Il lavoro proseguirà ora sul campo con il lancio delle prime campagne di sensibilizzazione per individuare persone interessate ad ospitare e l'avvio delle prime convivenze.

 


Accogliere una seconda volta

Luigi ed Elvira sono una coppia di Macerata che ha deciso di accogliere una seconda volta: dopo Mamadou, hanno aperto le porte di casa ad Ibrahima, rifugiato della Mauritania. La convivenza è partita da qualche settimana.

Luigi spiega così la decisione di aderire ancora una volta al nostro progetto: "Abbiamo deciso di accogliere una seconda volta non solo per aiutare qualcuno, ma anche per  contribuire a far conoscere la storia di chi è costretto ad abbandonare il suo paese. Qualche giorno fa siamo stati in un liceo della zona e Ibrahima ha potuto raccontare quello che gli è successo: la fuga dalla Mauritania per motivi politici, la detenzione in Libia, il viaggio verso l'Italia. Gli studenti sono rimasti impressionati. Alcuni di loro si sono avvicinati per dirci che vorrebbero, assieme alle famiglie, ospitare qualcuno".

 


Silvia, Lorenzo e Mama: nuova convivenza a Mestre

Prosegue il nostro lavoro di supporto  a ragazzi neo-maggiorenni arrivati in Italia da minori soli. A Mestre, Mama ha trovato una nuova casa, grazie a Silvia e al figlio Lorenzo.

Silvia, che è anche una delle nostre attiviste venete, racconta così l'avvio della convivenza, segnato da qualche difficoltà immediatamente superata. "All'inizio mio figlio non era d’accordo: è andato via da casa a settembre, lasciando libera la sua camera, ma continuando a sentirla sua. Aggiungeva che c’erano troppe responsabilità, che sarebbe stato troppo impegnativo. Ma io, pur essendo da sola, nemmeno per un attimo ho avuto timore di affrontare quest’avventura: sentivo che era qualcosa che volevo fare. In maniera del tutto inaspettata si è presentata l’occasione. Mi hanno presentato Mama Saidu e il feeling è stato immediato. Parla abbastanza bene l’italiano, è sempre sorridente, positivo, determinato, studia ed ha grandi progetti per il futuro. Tutto è diventato assolutamente naturale, come se ci fossimo sempre conosciuti. E Lorenzo, abbandonando le resistenze iniziali, appena l’ha conosciuto ha detto di essere felice di “iniziare questa esperienza grande”!


Call for Ideas per progetto Frame, Voice, Report!

Refugees Welcome Italia è alla ricerca di giornalisti con competenze digitali e/o di video-making, possibilmente basati a Torino, che vogliano partecipare con noi al progetto europeo Frame, Voice, Report! per raccontare la nostra esperienza di accoglienza in famiglia nella cornice degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Chiediamo a tutte le persone interessate di inviarci una idea progettuale: la migliore diventerà parte integrante del nostro progetto e in caso di vittoria della call, sarà finanziata con un budget fino a 13 mila euro.

Qui tutti i dettagli: Call for Ideas_Frame, Voice, Report!

 


Al via la nostra prima convivenza a Pesaro

È ufficialmente partita la nostra prima convivenza in provincia di Pesaro, città in cui il nostro gruppo territoriale è attivo da qualche mese. Ad aprire le porte di casa sono stati Walter e Daniela, che hanno deciso di ospitare Alghassimou, 18 anni, arrivato in Italia da minore solo.

Alghassimou, come tanti ragazzi nella sua condizione, quando ha compiuto 18 anni ha dovuto lasciare la comunità per minori che lo ospitava. Il rischio per lui era quello di finire per strada, ma grazie a Walter e a Daniele ora ha una casa, dove può progettare con calma il suo futuro.


Presentati a Roma il nostro primo rapporto di attività e le linee guida su accoglienza in famiglia

120 convivenze realizzate, 200 attivisti, 18 gruppi territoriali attivi in altrettante città italiane: sono questi alcuni numeri dei primi tre anni di lavoro di Refugees Welcome Italia, l’associazione che dal 2015 promuove un modello di accoglienza in famiglia, per rifugiati e titolari di altra forma di protezione, basato sul coinvolgimento diretto dei cittadini. A tre anni dalla sua fondazione, Refugees Welcome Italia ha presentato, ieri a Roma, il primo rapporto delle sue attività e le linee guida sull’accoglienza in famiglia, che saranno rese disponibili a tutti, allo scopo di sviluppare sempre più questa modalità di accoglienza e di inclusione sociale.

Tra il 2016 ed il 2018, l’associazione ha realizzato 120 convivenze in diverse parti d’Italia: 31 sono attualmente in corso, di cui 8 sono diventate a tempo indeterminato. In 7 casi, dopo una prima convivenza, la persona accolta è stata inserita in una seconda famiglia. Le regioni che hanno accolto di più sono il Lazio e la Lombardia, mentre la città più ospitale è stata Roma, con ben 30 convivenze attivate. Le persone accolte sono per la maggior parte titolari di protezione umanitaria (58%), seguiti da rifugiati (20%) e titolari di protezione sussidiaria (16%): mediamente erano in Italia da quasi 3 anni al momento dell’inserimento in famiglia. Le famiglie “accoglienti” sono principalmente coppie con figli (30% delle convivenze), seguite da persone singole (28% dei casi), da coppie senza figli (23%) e da coppie con figli adulti fuori casa (11%). Il 2018 è stato anche l’anno che ha visto un boom di iscrizioni alla piattaforma come risposta alla politica dei porti chiusi: circa 150 famiglie hanno dato disponibilità ad ospitare un rifugiato nei mesi di giugno e luglio. Nei primi mesi del 2019 partiranno nuovi gruppi locali in Puglia, Campania, Umbria, Calabria, portando a 15 il numero di regioni in cui l’associazione è presente.

Fra le centoventi convivenze realizzate dall’associazione, c’è anche quella di Laura Pinzani, suo figlio Riccardo - romani - e Sahal Omar, giovane somalo. “Abbiamo ricevuto tanto e riceviamo tanto da lui. Culturalmente, per noi è un arricchimento. Sahal gioca alla playstation con mio figlio, parlano, si scambiano esperienze e racconti di vita. Noi gli abbiamo dato la spensieratezza: è qualcosa che molti di questi ragazzi non hanno mai conosciuto. L’accoglienza in famiglia è un modo per permettere a Sahal, e a tanti altri come lui, di non vivere più nell’emergenza, ma di pianificare”, dice Laura Pinzani a proposito di questa esperienza.

L’evento di ieri è stata anche una riflessione su come sia possibile promuovere su larga scala percorsi di inclusione basati su autonomia, partecipazione delle comunità, rafforzamento dei legami sociali, e come la politica possa trarre ispirazione da questo tipo di esperienze, nate dal basso, per ripensare gli attuali sistemi di accoglienza e di welfare.

Da qui l’idea delle linee guida, che sono il primo tentativo in Italia di descrivere, a livello operativo, l’accoglienza in famiglia. Il documento spiega, passo dopo passo, la filosofia e la metodologia di lavoro dell’associazione: come si selezionano le famiglie, i rifugiati e gli attivisti; come si individua l’abbinamento fra rifugiati e famiglie; come si seguono e monitorano le convivenze. Il testo fornisce anche un toolkit di strumenti pratici da utilizzare in ogni fase del processo.

Altro aspetto innovativo delle linee guida è la possibilità di applicarle anche al di fuori dell’accoglienza dei rifugiati: il metodo di lavoro descritto, pur essendo focalizzato sul target prioritario dell’associazione, i titolari di protezione, è potenzialmente replicabile in altri contesti: convivenze solidali, madri sole, padri separati, persone con bisogni complementari.

Le linee guida rappresentano una doppia sfida: la prima alle istituzioni che hanno la governance delle politiche di accoglienza e del welfare, senza le quali nessuna pratica può essere messa a sistema, la seconda al variegato mondo del Terzo settore.  “Alle Istituzioni e ai nostri partner del Terzo Settore chiediamo di leggere queste pagine, studiarle, copiarle, criticarle, riadattarle: l’accoglienza in famiglia non è e non vuol essere un’esclusiva di RWI, ma un modello da reinventare costantemente alla luce dei bisogni, delle esigenze e dei desiderata dei territori dove le diverse realtà lavorano. Per questo motivo, le linee guida saranno presto disponibili sul nostro sito www-refugees-welcome.it attraverso un wiki, per favorire la creazione di una community di addetti ai lavori, volontari, associazioni e gruppi informali che vorranno cimentarsi con questa esperienza”, racconta Fabiana Musicco, presidente dell’associazione.

 

L’obiettivo dell’associazione è infatti quello di continuare a far crescere l’esperienza dell’accoglienza in famiglia, consolidare il patrimonio di conoscenze che si è venuto a creare e condividerlo con i diversi attori pubblici e privati che abitano le nostre comunità.


Il decreto immigrazione è legge: cambierà in peggio la vita di migliaia di persone.

Con il voto di fiducia di ieri alla Camera, il decreto immigrazione è stato convertito in legge. Refugees Welcome Italia esprime nuovamente la propria contrarietà ad un provvedimento che cambia, in negativo, la vita di migliaia di persone, rendendole ancora più vulnerabili ed esponendole al rischio di vivere ai margini della società. Come già ribadito, lontano dal garantire “l’ordine e la sicurezza pubblica”, questo decreto va nella direzione opposta, acuendo il disagio sociale e aumentando l’insicurezza per tutta la popolazione, migrante e italiana,  con pesanti ricadute anche sulla coesione sociale. Secondo alcune stime, la sola abolizione della protezione umanitaria  - un permesso di soggiorno che lo Stato italiano riconosce a coloro che, pur non avendo i requisiti per ottenere la protezione internazionale, presentano comunque delle vulnerabilità tali da richiedere una forma di tutela  - produrrà 60 mila nuovi irregolari nei prossimi due anni. Migliaia di nuovi senza tetto, persone senza diritti, che rischiano di diventare facile preda di sfruttamento e criminalità.

“Un decreto di tale portata avrebbe meritato una discussione approfondita, in fase di approvazione, per tentare almeno di introdurre qualche miglioria, invece il testo è passato con la fiducia”, sottolinea Fabiana Musicco, presidente dell’associazione. “A pagare il prezzo di questo nuovo assetto normativo saranno, ad esempio, migliaia di ragazzi arrivati in Italia da minori soli che sono prossimi a compiere 18 anni. Molti di loro hanno fatto richiesta di asilo e qualora ricevessero un diniego di protezione internazionale, una volta diventati maggiorenni, non avrebbero alcun titolo per rimanere in modo regolare in Italia. Per non parlare dei tanti neo-maggiorenni che hanno già ottenuto la protezione umanitaria e che, non potendo accedere al sistema Sprar a causa del decreto, non hanno un posto dove andare. In questo ultimo mese ci sono arrivate diverse segnalazioni di ragazzi in questa situazione: diciottenni che si sono iscritti sul nostro sito per chiedere di essere ospitati in famiglia e proseguire il loro percorso di inclusione. Il rischio, per loro, è che finiscano per strada”.

Oltre all'abolizione della protezione umanitaria, sono tante altre le misure discutibili che incideranno negativamente sull'architettura del sistema di accoglienza in Italia. Invece di potenziare l'accoglienza diffusa gestita dagli enti locali, che ha favorito, in questi anni, reali processi di inclusione per richiedenti asilo e titolari di protezione, si è scelto, con questo decreto, di rafforzare la logica emergenziale dei grandi centri che, oltre a non garantire alcuna integrazione, genera spesso, a causa dei pochi controlli, abusi e malversazioni. "Molte disposizioni del decreto, oltre a ridurre lo spazio di esercizio di alcuni diritti fondamentali, come quello all'asilo, sono contrarie al buon senso e renderanno il nostro Paese un posto meno sicuro per tutti, migranti e italiani".


Decreto immigrazione: più insicurezza e marginalità sociale

Refugees Welcome Italia ribadisce la sua contrarietà alle misure previste dal decreto immigrazione approvato oggi in Senato. Ridimensionamento dello Sprar, abolizione della protezione umanitaria, esclusione dei richiedenti asilo dai servizi per l’integrazione, incremento dei grandi centri e stretta sulla concessione della cittadinanza: sono alcune delle misure contenute nel provvedimento che ridisegnerà in negativo l’architettura del sistema nazionale di accoglienza. Lontano dal garantire “l’ordine e la sicurezza pubblica”, questo decreto va, secondo l’associazione che promuove l’accoglienza in famiglia, nella direzione opposta, acuendo il disagio sociale e aumentando l’insicurezza per tutta la popolazione, migrante e italiana,  con pesanti ricadute anche sulla coesione sociale.

“Questo decreto” sottolinea Fabiana Musicco, presidente di Refugees Welcome Italia, “rappresenta un preoccupante passo indietro. Invece di potenziare il sistema di accoglienza diffusa gestito dagli enti locali, che ha favorito, in questi anni, reali processi di inclusione per richiedenti asilo e titolari di protezione, si sceglie di rafforzare la logica emergenziale dei grandi centri che, oltre a non garantire alcuna integrazione, genera spesso, a causa dei pochi controlli, abusi e malversazioni”.

Ad allarmare Refugees Welcome Italia è soprattutto l’​abolizione della protezione umanitaria,​ un permesso di soggiorno che lo Stato italiano riconosce a coloro che, pur non avendo i requisiti per ottenere la protezione internazionale, presentano comunque delle vulnerabilità tali da richiedere una forma di tutela.

“L’abolizione della protezione umanitaria creerà migliaia di nuovi senza tetto, persone senza diritti, che rischiano di diventare facile preda di sfruttamento e criminalità”, prosegue Musicco. “Eliminare la possibilità di rilasciare o rinnovare un permesso umanitario a chi ha compiuto un percorso di inclusione o presenta condizioni di fragilità è una misura non solo inumana, ma anche contraria al buon senso".


Fabiola e Farah: al via una nuova convivenza Roma

"Non nascondo che all'inizio qualche timore lo avevo, ma si è dissolto appena ci siamo incontrati. Farah è un ragazzo solare, in gamba e molto determinato. Ha lasciato la Somalia quando era ancora minorenne e nonostante abbia solo vent'anni, ha le idee già chiare. Spero di poterlo aiutare a realizzare i suoi sogni".

È partita da poco una nuova convivenza nell'ambito del nostro progetto Mai Più Soli, che promuove l'accoglienza in famiglia di giovani ragazzi arrivati in Italia da minori soli. In bocca al lupo a Fabiola e Farah!


Giulia e Kaba: conoscersi per andare oltre i luoghi comuni

Abitavo già fuori casa da anni quando Kaba ha iniziato a vivere con i miei genitori, che lo hanno accolto attraverso l'associazione Refugees Welcome Italia. Ci siamo conosciuti via Skype, la prima sera che è arrivato. La mia camera è diventata la sua, mi è piaciuta l’idea che qualcun altro usasse quello spazio per riposare, studiare, ascoltare musica, come facevo io qualche anno fa.

In questi 2 anni, i giorni passati assieme a Kaba non sono stati molti (colpa mia, dovrei tornare a casa più spesso!), ma finalmente quest’anno siamo riusciti a fare una vacanza con tutta la famiglia, e li qualcosa è cambiato.

Prima di quei 7 giorni passati assieme, Kaba per me era un ragazzo che era stato costretto a scappare dal suo paese, la Costa d'Avorio, che era arrivato in Italia, ancora minorenne, con centinaia di altre persone che fuggivano da qualcosa di così terribile da essere preferibile, per loro, rischiare la vita in mare.

Ora, quando penso a Kaba, penso ad un ragazzo di poco più di vent'anni a cui piace pescare e andare in kayak, uscire con gli amici e andare in discoteca. Penso che ha un nipotino che non ha mai visto, ma con cui parla al telefono.

E ho scoperto che il passato che conosco io è solo una piccola parte della sua vita "di prima". Ho scoperto che ha un fratello gemello, che quando era piccolo aveva una lucertola enorme come animale domestico e che una volta era a caccia con gli amici e ha dormito in una capanna piena di serpenti! E  poi, ancora, penso a quando mi ha spiegato come si fa la pasta cacio e pepe, anche se deve ancora insegnarmi a fare il cous cous!

Senza accorgermene, prima di quei 7 giorni assieme, Kaba per me era soprattutto il suo passato, quello più doloroso. Ora so che la sua vita, passata e presente, è fatta di molte altre cose.

Quando usiamo parole come "rifugiati", "profughi", "extra-comunitari", priviamo le
persone della propria individualità, delle loro storie e della loro umanità.  Non sono più esseri umani,  sono un concetto, una foto sul giornale di visi provati su una barca. Diventa facile voltare pagina, se non si pensa che quei visi appartengono a una persona, a cui piace andare a pescare con gli amici, o che preferisce il dolce al salato.

Kaba per me non è più un simbolo di barche, fughe nel deserto, centri di accoglienza. Kaba è Kaba, e sono felice di aver conosciuto il suo passato, e di fare parte del suo presente e del suo futuro.

Giulia