Lampedusa è un fallimento annunciato.
Refugees Welcome Italia esprime profonda preoccupazione per quello che sta accadendo sull’isola di Lampedusa, dove migliaia di persone sono costrette a vivere in una struttura sovraffollata in condizioni terribili o ad aspettare sotto il sole per ore prima di ricevere assistenza. Si tratta di uomini, donne e bambini stremati da viaggi lunghi e pericolosi, che spesso hanno subito violenze e abusi nei paesi di origine o di transito. Pochi giorni fa, un neonato di 5 mesi ha perso la vita, dopo essere caduto in mare poco prima che la barca su cui viaggiava con altre 46 persone tra cui la madre, una ragazza minorenne in fuga dalla Guinea, venisse soccorsa dalla Guardia Costiera.
Questa situazione è l’ennesimo fallimento annunciato di un approccio emergenziale, che ha portato ad un progressivo indebolimento del sistema di accoglienza. Le politiche di deterrenza, basate su respingimenti e controllo dei confini, oltre ad essere disumane, sono inadatte a gestire un fenomeno complesso e strutturale come la migrazione.
Serve un cambio di passo delle politiche nazionali ed europee. Servono soluzioni di lungo termine che rimettano al centro le persone e i loro diritti: creare una missione di salvataggio in mare, incrementare canali di accesso sicuri e visti per studio o lavoro, facilitare i ricongiungimenti familiari. È necessario investire su un sistema di accoglienza dignitoso, invece che smantellarlo come si è fatto negli ultimi anni, potenziando le strutture diffuse ed integrate nel territorio. Occorre un piano europeo per l’accoglienza e la redistribuzione di richiedenti asilo che superi il Regolamento di Dublino e che non sia gestito su base volontaria.
Fermare la deriva del sistema di accoglienza
Il Tavolo Asilo e Immigrazione (TAI) esprime profonda preoccupazione per l’ennesima grave crisi del sistema d’accoglienza, e si pone in totale disaccordo con l’approccio emergenziale assunto dal governo Meloni che ancora una volta punta ad ostacolare il diritto d’asilo e il diritto ad una accoglienza dignitosa. A inizio anno, il TAI ha chiesto all’attuale governo di programmare gli interventi di accoglienza, come previsto dalla normativa. Il Tavolo di coordinamento presso il Viminale si è riunito però solo il 4 agosto, dopo ripetute richieste e sollecitazioni del Tai, non potendo di fatto contribuire ad alcuna programmazione e limitandosi dunque sostanzialmente a prendere atto di misure emergenziali già assunte dal governo senza il coinvolgimento dei territori e del terzo settore.
Le misure prese dal Governo sono sbagliate e inefficaci e non sono affatto legate al numero di arrivi, del tutto prevedibile e gestibile, ma all’assenza di volontà di trovare soluzioni corrette ed efficaci, scegliendo invece un approccio emergenziale: una decisione che alimenta la retorica dell’invasione.
Dopo avere trasformato in poco tempo i CAS in meri parcheggi per richiedenti asilo, eliminando servizi primari quali l’informativa legale e l’assistenza psicologica, il 7 agosto 2023 il Ministero dell’interno ha emanato una circolare con cui ha dato indicazioni alle prefetture di disporre la cessazione immediata delle misure di accoglienza per coloro che sono riconosciuti titolari di protezione internazionale e speciale, senza aspettare il rilascio del permesso di soggiorno e senza provvedere al loro trasferimento nel SAI. In sostanza, migliaia di titolari di protezione internazionale o speciale stanno per essere espulsi dai CAS e mandati per strada: in questa direzione si stanno muovendo le prefetture. Tale prassi risulta del tutto illegale in quanto i titolari di protezione internazionale e speciale hanno diritto di essere collocati tempestivamente dai Centri di Accoglienza Straordinaria verso il sistema SAI, e non abbandonati nel giro di pochi giorni. Una così clamorosa violazione di legge è altresì generatrice di enormi problematiche sociali nei diversi territori, dal momento che migliaia di rifugiati privi di mezzi e senza accoglienza si troveranno allo sbando in strada e dunque a carico del welfare locale. In questo modo, oltre a violare il diritto all’accoglienza dei/delle titolari di protezione internazionale e speciale, il Ministero dell’interno si pone in netto antagonismo con i Comuni, delegando a loro la questione e senza dotazione di risorse.
La soppressione dei servizi nei CAS non solo contrasta con la normativa europea e italiana in quanto si concretizza in un’elusione dell’accesso ai diritti, ma esclude nei fatti la possibilità di riscontrare la vulnerabilità dei richiedenti asilo, specie di coloro che sono sottoposti alla procedura accelerata. Molte vulnerabilità non possono infatti essere rilevate all’arrivo senza personale competente né tanto meno ciò può avvenire dopo il trasferimento nei CAS nei quali, come sopra evidenziato, vengono cancellati anche servizi fondamentali. In questo contesto di totale sbandamento del sistema pare inevitabile il diffondersi di gravi distorsioni, come nel caso, evidenziato in occasione dell’incontro del tavolo di coordinamento, delle donne vittime di tratta anche provenienti da paesi di origine sicuri.
Facciamo appello al Presidente della Repubblica, al Governo, alle Istituzioni italiane ed europee, ai/alle parlamentari, alla società civile, affinché si arresti immediatamente la deriva del sistema dell’accoglienza e l’intervento istituzionale venga riportato dentro il quadro previsto dalle direttive europee e perché non si rinnovi una stagione di ghetti e di produzione di disagio sociale estremo, scaricato sui territori. È inaccettabile contrapporre richiedenti asilo a titolari di protezione, quando è chiaro l’obbligo dello Stato di predisporre misure di accoglienza per ognuno di loro. E’ necessario invertire subito la marcia, non solo impedendo che migliaia di persone titolari di diritti fondamentali e inviolabili vengano trasformate in “senza fissa dimora” e abbandonate per strada, ma anche attivando strutture CAS solo ove strettamente necessario e assicurando comunque standard adeguati e dignitosi della persona umana, investendo da subito la maggior parte delle risorse per un forte e veloce ampliamento del sistema di accoglienza SAI, sia per adulti e famiglie che per i minori non accompagnati.
Per il Tavolo Asilo e Immigrazione: A Buon Diritto, ACAT, ACLI, ActionAid, Amnesty International Italia, ARCI, ASGI, Casa dei Diritti Sociali, Centro Astalli, CGIL, CIES, CIR, CNCA, Commissione migranti e GPIC provincia missionari comboniani Italia, CoNNGI, Emergency, Europasilo, Fondazione Migrantes, Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose, International Rescue Committee Italia, Legambiente, Medici del Mondo Italia, Medici per I Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, Movimento Italiani Senza Cittadinanza, Oxfam Italia, Refugees Welcome Italia, Senzaconfine, Società Italiana Medicina delle Migrazioni, UIL, UNIRE.
L’accordo con la Tunisia è contrario al diritto internazionale
Non c’è nulla di reale nelle dichiarazioni di rispetto del diritto internazionale, dei diritti umani e della dignità delle persone, contenute nelle poche pagine del Memorandum of Understanding siglato il 16 luglio scorso tra l’UE e la Tunisia di Kais Saied. Che la situazione economica e politica della Tunisia sia drammatica, e che sia importante l’impegno solidale dell’Europa, è certamente un aspetto evidente e condiviso. Ma è altrettanto evidente che il Memorandum tra UE e Tunisia non si pone questo come obiettivo principale, ma si concentra piuttosto sulla questione migratoria, mettendo gravemente a rischio il rispetto del diritto internazionale, dei diritti umani e della dignità delle persone migranti. Così come è già successo con la Turchia di Erdogan e con la Libia delle milizie, l’UE, per cercare di contenere gli arrivi sulle coste italiane e d’Europa, finanzia un regime che ha cancellato le garanzie democratiche al proprio interno. E lo fa senza porre alcuna concreta condizionalità sul rispetto dei diritti umani fondamentali, al di là della consueta formula nel testo che ormai risuona più come un vuota clausola stilistica, quando il quadro in cui si opera ha recentemente visto il presidente Saied sciogliere il Parlamento tunisino, scatenare una vera e propria caccia allo straniero nei confronti dei migranti sub-sahariani, e infine deportare illegalmente ai confini con la Libia e con l’Algeria centinaia di persone in transito verso l’Europa, causando la morte di molte di loro, incluse donne e bambini, e violando quel diritto internazionale che lo stesso Memorandum richiama.
Niente di tutto ciò sembra essere stato preso in considerazione dalla presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni e dalla presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. Peraltro, la UE non ha nemmeno ottenuto l’apertura incondizionata sperata, visto che Kais Saied ha dichiarato che non intende creare sul suo territorio centri per migranti non tunisini eventualmente respinti dall’Europa, e che il suo principale interesse è tutelare i suoi confini. Non i nostri.Il Memorandum of Understanding è una lista di dichiarazioni di impegni su molti argomenti. Come nel caso dell’accordo con la Turchia e del Memorandum con la Libia, si tratta di un documento privo di valore legale, e del tutto generico sia rispetto alle azioni da intraprendere che all’ammontare e all’origine dei fondi che saranno spesi. Si dipinge un quadro più che allarmante per la tutela dei diritti umani, in un contesto opaco e di cui è sempre più difficile chiedere conto nelle sedi opportune.
L’unico vero obiettivo dell’Europa è impedire alle persone – tunisine e provenienti da altri paesi – di partire. L’unica strategia dell’UE e del governo italiano è rilanciare la retorica dell’invasione: mettere in campo ingenti risorse, pagate dai contribuenti europei, per presentarsi come difensori delle frontiere e degli interessi dell’Unione e dei suoi stati membri.
Il Memorandum parla anche del rafforzamento delle operazioni di ricerca e salvataggio: l’Europa fornirà nuovi assetti e strumenti alla Guardia Costiera tunisina che, secondo numerose testimonianze, utilizza modalità estremamente violente e pericolose durante le intercettazioni in mare, che in alcuni casi hanno portato alla morte delle persone in viaggio. I respingimenti in Tunisia, facilitati dai finanziamenti europei, sono inoltre da ritenersi illegittimi alla luce delle condizioni del Paese che ormai non si può più considerare sicuro ai sensi del diritto internazionale e in cui la vita dei migranti è in pericolo. Per quanto riguarda le vie d’accesso legali in Europa citate nell’intesa, paiono riferirsi solamente ai cittadini tunisini, nella consueta logica di scambio delle politiche di esternalizzazione delle frontiere. E come già successo in passato, è possibile che queste parole scadano in retorica, perché non sono indicate risorse e programmi attuativi. È bene ricordare che l’UE continua ad essere una delle aree del pianeta meno investite da flussi straordinari di persone in cerca di protezione e che l’Italia è solo al 13° posto in Europa per numero di migranti accolti in relazione alla popolazione residente (UNHCR Global Trens 2022). È utile altresì sottolineare come di canali d’accesso legali e sicuri per persone in cerca di protezione non c’è traccia negli atti del governo italiano e dell’UE, e che è proprio la loro assenza a produrre i viaggi sia via mare sia via terra.
L’Unione europea continua ad adottare politiche miopi, inefficaci e dannose senza affrontare il fenomeno migratorio in modo strutturale. Questo accordo rappresenta una colpo durissimo al futuro dell’UE, ai diritti di migliaia di persone che fuggono da guerre, violenze, cambiamenti climatici e insicurezza alimentare, alla solidarietà e alla civiltà del diritto. Per questo chiediamo al Parlamento italiano e a quello europeo di condannarlo con fermezza.
Per il Tavolo Asilo e Immigrazione: A Buon Diritto, ACAT, ACLI, ActionAid, Amnesty International Italia, ARCI, ASGI, Casa dei Diritti Sociali, Centro Astalli, CGIL, CIES, CIR, CNCA, Commissione migranti e GPIC provincia missionari comboniani Italia, CoNNGI, Emergency, Europasilo, Fondazione Migrantes, Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose, International Rescue Committee Italia, Legambiente, Medici del Mondo Italia, Medici per I Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, Movimento Italiani Senza Cittadinanza, Oxfam Italia, Refugees Welcome Italia, Senzaconfine, Società Italiana Medicina delle Migrazioni, UIL, UNIRE.
A Bologna per la rete delle città accoglienti
Il 7 luglio scorso abbiamo partecipato a Bologna all’evento Rete di città accoglienti, organizzata dal Tavolo Asilo e Immigrazione, che raggruppa le principali organizzazioni impegnate nella tutela e promozione dei diritti delle persone migranti e rifugiate, di cui Refugees Welcome Italia è parte, e dal Comune di Bologna, da anni in prima fila nell’impegno a ricercare soluzioni e nella sperimentazione di interventi sociali innovativi.
Obiettivo dell’iniziativa è promuovere un processo partecipato che porti alla nascita di una Rete di Città Accoglienti, per dare voce a quelle realtà che ritengono le politiche di accoglienza e integrazione, i diritti delle persone migranti e rifugiate, centrali per lo sviluppo delle comunità territoriali.
L’assemblea ed è stata molto partecipata. Erano presenti amministratori da tutta Italia e tante associazioni. Per Refugees Welcome Italia c’era la direttrice Fabiana Musicco.
Questa assemblea ha inaugurato alcuni incontri promossi per la creazione di un documento congiunto tra amministrazioni e enti del terzo settore che verrà presentato il 3 ottobre, anniversario della strage a largo di Lampedusa.
Patto europeo su migrazione mette a rischio il diritto di asilo
Nonostante nel Mediterraneo si continui a morire, la direzione delle politiche migratorie dell’Unione europea non cambia. L’8 giugno 2023, il Consiglio dei ministri dell’Interno europei ha trovato un accordo relativo al nuovo Patto su migrazione e asilo, che limita fortemente il diritto di asilo e insiste sull’esternalizzazione delle frontiere, con due obiettivi chiari: scaricare sui paesi esterni all’UE la gestione dei flussi migratori e limitare il numero di persone a cui viene riconosciuta la protezione internazionale in Europa. Totalmente assenti temi come il soccorso in mare o l’incremento di vie legali e sicure.
L’intesa, che ora dovrà essere negoziata con il Parlamento europeo, modifica due regolamenti relativi alle procedure di frontiera e alla gestione dei richiedenti asilo in Europa ed è frutto di un processo decisionale e politico iniziato nel 2015. Di seguito i punti principali.
Responsabilità e solidarietà
Il regolamento di Dublino rimane sostanzialmente invariato: lo stato responsabile dell’esame della domanda di asilo resta quello di primo arrivo in Europa, per un periodo esteso ora a 24 mesi ( prima erano 12). Questo vuol dire che gli stati europei di frontiera continueranno ad avere più oneri. Viene introdotta una forma di solidarietà obbligatoria nella redistribuzione dei migranti, ma flessibile. Tutti i Paesi membri dovranno contribuire, sulla base di Pil e popolazione, potendo però scegliere tra ricollocamenti e un contributo finanziario, pari a 20 mila euro per persona migrante non accolta, che confluirà nel fondo comune per la gestione delle frontiere esterne. È prevista una quota minima di 30 mila ricollocamenti ogni anno.
Procedura di frontiera
L’esame delle domande di asilo seguirà la cosiddetta procedura di frontiera, un iter accelerato e sommario che si dovrà concludere entro 12 settimane dalla presentazione della domanda. Questa procedura si applicherà automaticamente dopo un attraversamento irregolare, o in seguito allo sbarco dopo un’operazione di ricerca e soccorso in mare o se la persona migrante proviene da un paese con un tasso di riconoscimento della protezione internazionale inferiore al 20%. Nessuna deroga per famiglie con minori. Un utilizzo esteso della procedura di frontiera equivale ad un aumento del numero di persone rinchiuse nei centri di detenzione alle frontiere esterne e sottoposte a procedure di asilo al di sotto degli standard.
Respingimenti e paesi sicuri
La definizione di “paese terzo sicuro” è stata compromessa. Gli stati europei avranno autonomia nel definire un stato come “sicuro” e quindi potranno attuare respingimenti anche verso un paese di transito. L’obiettivo implicito è quello di trasferire la responsabilità ai paesi extraeuropei, nonostante l’85% dei delle persone rifugiate a livello mondiale sia accolto fuori dall’Europa. Questa politica indirizzata al durissimo contrasto all’immigrazione irregolare e ai rimpatri forzati verso luoghi che non possono essere ritenuti realmente sicuri danneggia l’intero impianto del diritto di asilo, a partire dal principio di non respingimento.
Morti in mare: l’Italia e l’Europa cambino passo
Quella che fino a ieri era una terribile ipotesi ora è una conferma. Sul peschereccio partito dal porto di Tobruk, in Libia, e naufragato vicino alle coste di Pylos, in Grecia, c’erano tra le 700 e le 750 persone.
A raccontarlo sono i sopravvissuti, unici testimoni di una delle più grandi stragi del Mediterraneo.
Sono 79 i corpi recuperati senza vita sino ad oggi, ma il bilancio delle vittime è provvisorio. Anche questa tragedia poteva e doveva essere evitata: l’imbarcazione era stata avvistata e le autorità allertate, ma nessuno ha prestato soccorso.
Tutto questo mentre, pochi giorni fa, gli stati membri dell’Unione europea hanno trovato un accordo sul nuovo Patto su migrazioni e asilo, che riduce ulteriormente gli standard di protezione e insiste sulle politiche di esternalizzazione delle frontiere, che hanno ampiamente dimostrato di essere fallimentari, inutili e di favorire il traffico e la tratta di esseri umani, rendendo più lunghi e pericolosi i viaggi per arrivare in Europa. Finché non saranno incrementate vie di accesso legali e sicure e si ostacoleranno i salvataggi, le persone continueranno ad affidarsi a pericolosi trafficanti e nel Mediterraneo si continuerà a morire. Questo è inaccettabile. Per questo chiediamo, al governo italiano e all’Unione Europea, di:
- creare una missione europea di soccorso e salvataggio in mare;
- ampliare i corridoi umanitari, estendendoli a tutte le zone di crisi, per permettere alle persone che hanno bisogno di protezione di arrivare in Europa in sicurezza,
- incrementare le vie di ingresso legali come visti per lavoro, studio, semplificare i ricongiungimenti familiari e ampliare la platea di chi può accedervi.
La migrazione è un fenomeno strutturale delle società contemporanee che non può essere bloccato ma deve essere gestito, garantendo accoglienza, protezione e tutela dei diritti umani per ogni essere umano.
Giornata Mondiale del Rifugiato: celebrala con noi!
Il 20 giugno, Giornata Mondiale del Rifugiato, è alle porte: anche quest’anno sono tante le iniziative che abbiamo programmato per celebrare il coraggio e la resilienza delle persone costrette ad abbandonare la propria casa. Un’occasione per ricordare che non ci può essere integrazione senza una comunità aperta, inclusiva e solidale in cui tutti e tutte possano sentirsi a casa e realizzare le proprie potenzialità.
Qui la lista dei nostri eventi: vi aspettiamo!
16/06/2023 Bari – Costruire comunità accoglienti – Fruit Bar, Torre Quetta, dalle ore 19.30
17/06/2023 Alessandria – Musica e accoglienza in borgo – Porto idee, via Verona 25 AL, dalle 17.30
17/06/2023 Ravenna – Picnic interculturale – Giardini Pubblici, Viale Santi Baldini, dalle 18.30
17/06/2023 Venezia – Liberi di scegliere se migrare o restare – Biofattoria Rio Selva, via rio serva 13 Preganzio, dalle 10.00
19/06/2023 Palermo – Aperitivo con la comunità di Refugees Welcome Italia – ex Galleria Nuvole, Via del Celso 14, dalle 18.30
20/06/2023 Milano – Una comunità per tutti e tutte – Giardino Comunitario Lea Garofalo, Via Montello 3, dalle 18
20/06/2023 Napoli – Un aperitivo insieme – Bar Sciò, Vico Buongiorno 1, dalle ore 19
20/06/2023 Roma – Insieme per la Giornata Mondiale del Rifugiato – Testaccio Estate, Largo Dino Frisullo, dalle 18.30
20-21/06/2023 Ancona – Punti di vista, Ancona città d’asilo – Mole Vanvitellina, Banchina Giovanni da Chio, 28, dalle 17.00
25/06/2023 Macerata – Passeggiata e pranzo in montagna – Ostello OH! di San Lorenzo di Treia, dalle 9.30
Presentata la ricerca Coming of Age sul mentoring per giovani migranti e rifugiati
I mentori sono un “ponte” verso la comunità territoriale e l’inclusione sociale per i minorenni stranieri che arrivano soli in Italia e che poi diventano maggiorenni. È questa la fotografia scattata dalla prima indagine: Il mentoring come strumento di inclusione sociale per giovani con background migratorio. Esperienze in Italia, promossa da Refugees Welcome Italia e Fondazione HAPAX / Mentoring con lo scopo di analizzare le esperienze di mentoring realizzate negli ultimi 5 anni dalle realtà che le hanno promosse: Defence for Children Italia (Genova), CIR (Roma), Programma Integra (Roma), Esserci (Torino), CIDIS (Perugia), Refugees Welcome Italia (Palermo, Roma e Ravenna), CIAC (Parma), Sperimentazioni Tutori Sociali (Esserci Torino, Cir Catania, Oxfam e Associazione dei tutori volontari, Toscana). In tutte le esperienze mappate l’importanza del coinvolgimento e della mobilitazione della società civile riveste un ruolo centrale.
I minori stranieri non accompagnati censiti in Italia al 31 dicembre 2022 sono 20.089. Un numero in forte aumento rispetto al 2021 (+64%) e condizionato anche dalla crisi umanitaria che ha interessato l’Ucraina e ora anche il Sudan. Il sistema di tutela specifico per i minorenni stranieri (MSNA) che arrivano soli in Italia sembra infrangersi di fronte ad un dato anagrafico, il compimento della maggiore età, momento in cui vengono repentinamente meno gli obblighi di tutela e protezione da parte dello Stato. Ed è qui che entra in gioco la figura del mentore che si inserisce in un vuoto legislativo, sociale ed educativo. Anche se non è ancora possibile elaborare una valutazione definitiva e scientifica sulle ricadute delle relazioni di mentoring sui percorsi di inclusione dei giovani cui si rivolgono, l’indagine quantitativa ha esaminato 4 territori (Emilia-Romagna, Liguria, Toscana e Piemonte) dove sono attivi i progetti “Fianco a Fianco”, Re-Generation, Tutela Sociale Never Alone – Toscana e Tutela Sociale Never Alone – Piemonte. In questi territori, secondo quanto rilevato dall’indagine, sono stati attivati 171 matching. Il numero di percorsi interrotti prima del termine previsto è molto basso (12 percorsi di mentoring), a testimonianza dell’efficacia di questo modello d’intervento. Sono le donne a farsi carico in prevalenza del ruolo di mentore (139), con una fascia d’età compresa tra i 30 e i 50 anni. Solo un numero molto basso di mentori possiede un background migratorio.
I mentees, invece, sono prevalentemente uomini (108 senza contare la Toscana), la maggior parte dei quali si trova in accoglienza istituzionale. Considerando invece la durata dei percorsi di mentoring, tutti i territori hanno indicato come 6 mesi il tempo previsto, tranne la Toscana in cui con il decreto di Prosieguo amministrativo emanato dal TM si arriva ad un massimo di 3 anni. La dimensione del tempo appare centrale sia per la costruzione di una relazione di fiducia tra mentore e mentee, sia per la definizione degli obiettivi condivisi da perseguire.
Dall’indagine emerge come l’esperienza del mentoring si configuri come il punto nodale di questioni molto ampie dove al centro, oltre al tema della tutela dei giovani giunti alla maggiore età in una condizione di chiaro svantaggio sociale legato alla complessità del viaggio migratorio, si somma l’assenza sul territorio italiano di una rete sociale e familiare adeguata. “La figura del mentore riveste una funzione fondamentale”, spiega Fabiana Musicco, Presidente di Refugees Welcome Italia. “Esso facilita la creazione e il consolidamento di legami e relazioni significativi. Inoltre, stiamo riscontrando come la società civile risponda in modo molto positivo alla chiamata delle organizzazioni del terzo settore, un segnale che evidenzia come tanti desiderano esercitare la propria cittadinanza attiva e considerano il mentoring un buon modo per farlo”.
“I giovani costituiscono lo strato fondante della società nel suo insieme: la loro formazione, la piena realizzazione dei diritti, la messa in pratica delle capacità e la partecipazione alla vita sociale contribuiscono in modo diretto e a lungo termine a una crescita economica dinamica, sostenibile, innovativa”, sottolinea Giulia Savarese, direttrice del Programma Mentoring della Fondazione Hapax. “In questo contesto il mentoring si rivela un approccio in grado di accompagnare la transizione all’età adulta dei giovani con background migratorio, contribuendo al successo del loro percorso integrativo”.
Il documento integrale è disponibile qui
UNICEF e Refugees Welcome Italia lanciano le linee guida per il mentoring
L’UNICEF e Refugees Welcome Italia lanciano oggi le linee guida per il mentoring, il modello di affiancamento che mobilita la società civile a favore dei giovani neo-maggiorenni migranti e rifugiati per supportarli nel percorso in Italia e favorirne l’inclusione sociale.
Sostenere giovani migranti e rifugiati nella transizione all’età adulta è estremamente importante, per garantire che le cure e la protezione ricevute fino a quel momento nonché i percorsi di inclusione sociale non vengano interrotti e che ciascun ragazzo o ragazza possa realizzare il proprio potenziale e diventare un/a cittadino/a attivo/a. Questo è di particolare rilievo quando si parla di minori stranieri non accompagnati, ovvero di bambine/i e adolescenti che arrivano in Europa senza figure adulte di riferimento. Nel 2023 sono già oltre 19.600 i minori stranieri non accompagnati ospiti nel sistema di accoglienza in Italia. La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze (attualmente, circa il 69%) ha tra i 16 e i 17 anni, il che vuol dire che si tratta di adolescenti molto vicini al raggiungimento della maggiore età: per loro il compimento dei 18 anni ha delle conseguenze giuridicamente rilevanti, dal momento che modificano gli obblighi che lo Stato ha di tutela e protezione trattandosi, da un punto di vista formale, di persone adulte.
Il progetto di mentoring Fianco a Fianco, lanciato nel 2020 dall’UNICEF e Refugees Welcome Italia, risponde proprio a questo bisogno, promuovendo una mobilitazione della società civile al fianco dei giovani neo-maggiorenni al fine di favorirne l’inclusione nella comunità ospitante. Il mentore è una persona con cui è possibile creare una relazione significativa, basata sulla fiducia reciproca, in un momento delicato come quello della transizione all’età adulta. Dall’inizio della sperimentazione ad oggi sono state coinvolte 4 città italiane e seguito il percorso di 144 mentori e 144 giovani, mentre nuovi attivisti e nuove attiviste stanno formandosi affinché il mentoring possa raggiungere nuove persone, anche attivando le risorse del volontariato del Comitato Italiano per l’UNICEF.
Le Linee Guida per il Mentoring, le prime in Italia su questo argomento, sono nate per definire il modello e mettere a sistema le esperienze sul campo, fornendo degli strumenti che consentano di replicare l’esperienza: dalle modalità di outreach dei mentors che dei mentees alla formazione, dalla definizione dei criteri per l’abbinamento al tipo di accompagnamento necessario per sostenere la relazione, e così via.
“Le linee guida sono il risultato di una sperimentazione che dimostra come il supporto individuale di un adulto possa avere un impatto significativo sui percorsi di vita di adolescenti e giovani adulti, e guida alla replicabilità di percorsi simili, basati sulla mobilitazione della società civile a favore di giovani migranti e rifugiati”, afferma Sarah Martelli, Coordinatrice ad interim della risposta UNICEF in Italia.
“L’esperienza del progetto Fianco a Fianco dimostra come le reti informali di sostegno siano complementari a quelle formali e altrettanto fondamentali nel promuovere l’inclusione di giovani migranti e rifugiati. Le linee guida hanno l’obiettivo di sistematizzare questa pratica, per fare in modo che cresca e si diffonda sempre di più”, conclude Fabiana Musicco, direttrice di Refugees Welcome Italia.
Il documento integrale delle linee guida è disponibile qui
Invertire la rotta. In piazza contro la conversione del Decreto Cutro
Le organizzazioni e le reti firmatarie di questo appello esprimono grande preoccupazione e contrarietà ai contenuti del Ddl 591/2023, meglio conosciuto come Decreto Cutro, ora in discussione al Senato. Varato all’indomani del naufragio del 26 febbraio scorso come risposta del Governo alle stragi nel Mediterraneo, il decreto in realtà non affronta in alcun modo le vere cause che in questi anni hanno portato alla morte in mare di migliaia di persone. Al contrario, prevede condizioni peggiorative della condizione giuridica degli stranieri che arrivano in Italia, con il sicuro effetto di aumentare situazioni di irregolarità ed esclusione anche di chi è già da tempo sul territorio nazionale. In particolare, contestiamo i provvedimenti che mirano a smantellare la protezione speciale a tutela della vita privata e familiare dello straniero, che aveva in parte attutito i disastrosi effetti dell’abolizione della protezione. Nell’UE sono 18 i Paesi che hanno una protezione complementare. Preoccupante anche la decisione di potenziare la rete dei Centri per il Rimpatrio e di ostacolare il diritto al ricorso dei richiedenti asilo che ottengono un diniego. Si tratta, con tutta evidenza, di interventi che renderanno sempre più difficile il soggiorno regolare e una positiva integrazione in Italia e che contribuiranno alla criminalizzazione delle persone migranti, a detrimento non solo loro, ma dell’intera collettività.
Rimandare indietro l’orologio al Siproimi, separando il circuito dell’accoglienza dei richiedenti asilo da quello dei rifugiati, ha già prodotto negli anni scorsi un disastro nel sistema d’accoglienza, alimentando confusione, disagio sociale, emarginazione e conflitti. Ripristinare quella scelta significa non ascoltare le esigenze delle istituzioni locali, in particolare dei comuni e non considerare che non si può arrivare in Italia e in Europa per chiedere asilo legalmente. Cancellare le azioni di integrazione fino all’esito della richiesta d’asilo equivale a togliere dignità alle persone coinvolte, violandone i diritti fondamental.
Profonda preoccupazione anche per la volontà del governo di utilizzare maggiormente gli hotspot, luoghi di detenzione informale che già in passato hanno sollevato gravi problematiche in relazione alla loro conformità dall’ordinamento giuridico interno ed europeo. Si prevede un allargamento abnorme dell’utilizzo della procedura accelerata di frontiera, potenzialmente a quasi tutti i richiedenti asilo che verrebbero appunto trattenuti negli hotspot con esame sommario delle loro domande di asilo. Il sistema di accoglienza, già mortificato con l’utilizzo dei Cas assumerebbe addirittura una prevalente dimensione detentiva con gravissime conseguenze in termini di violazione dei diritti fondamentali delle persone trattenute di fatto.
Rifiutiamo la contrapposizione tra migranti regolari e irregolari che emerge dalla scelta di inserire in questo testo provvedimenti inerenti al Decreto Flussi, senza rafforzare il sistema di asilo: se da tempo chiediamo a gran voce l’allargamento dei canali legali di ingresso, sappiamo bene che non possono essere queste misure a rispondere al bisogno di protezione internazionale. E chi in questi venti anni ha provato ad assumere in regola dei lavoratori stranieri sa che le misure previste sono del tutto insufficienti, perché l’unica possibilità per favorire incontro tra domanda e offerta di lavoro regolare sta nel scardinare del tutto il meccanismo previsto dalla Bossi Fini. È fondamentale invertire velocemente la rotta e promuovere politiche eque ed efficaci sull’immigrazione e sul diritto di asilo. Partendo dall’opposizione a queste norme, in un percorso che chiede ingressi legali, corridoi umanitari, garanzia dell’accesso alla procedura di asilo e all’accoglienza, abbandono delle politiche di esternalizzazione e dei loro scellerati risultati, come l’accordo con la Libia, salvaguardia delle vite in mare. Chiediamo al Parlamento di bocciare questo provvedimento, e al Governo di modificare radicalmente gli interventi messi in atto e quelli recentemente annunciati, del tutto inadatti a gestire una crisi nel Mediterraneo destinata a peggiorare senza provvedimenti adeguati della comunità internazionale. Per questo saremo in piazza il prossimo 18 aprile, in contemporanea all’arrivo al Senato del Decreto Cutro. Per esprimere il nostro dissenso, ribadire le nostre proposte e chiedere un immediato cambiamento di rotta nelle scelte che riguardano l’immigrazione e il diritto d’asilo.
A Buon Diritto, ACAT Italia, ACLI, ActionAid, ADL ZAVIDOVICI, Amnesty International Italia, Anpi Brindisi, ARCI, ASGI, Associazione genitori scuola Di Donato (Roma), AOI, Baobab Experience, Bee Free, Casa dei Diritti Sociali, Centro Astalli, Centro Sociale ex Canapificio, CGIL, CIES, CIR, Circolo Pink/Pink Refugees Verona, Commissione Migranti e GPIC Missionari Comboniani Italia, Compagni di Strada, Comunità Africana di Brindisi e provincia Comunità Papa Giovanni XXIII, CNCA, CoNNGI, Cooperativa Il Mosaico, Cooperativa Marypoppins, Cooperativa Momo, Coordinamento Diaspore in Puglia, Danish Refugees Council Italia, Digiuno di Giustizia in solidarietà con i Migranti, Emergency, Ero Straniero, Europasilo, Fondazione Migrantes, Forum per Cambiare l’Ordine delle cose, Gli Anelli Mancanti, Gruppo Lavoro Rifugiati International Rescue Committee Italia, La Giraffa, Lega Coop Puglia, Legambiente, Libera, Malacoda, Medici del Mondo Italia, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Mesagne Bene Comune, Movimento di Volontariato Italiano Movimento Italiani Senza Cittadinanza Movimento Migranti e Rifugiati Caserta, Oltre – Ponte tra i mondi, On The Road Cooperativa Sociale, Open Arms, Oxfam Italia, Periplo, Pianoterra, Progetto Accoglienza, Radici Future, ReCoSol, Refugees Welcome Italia, ResQ People Saving People, Rete Castel Volturno Solidale, Rete Yabasta!-Nova koinè-Smallax, Sea Watch, Senza Confine, Società Italiana Medicina delle Migrazioni Tavolo Saltamuri, Voci della Terra, UIL, UNIRE, Un Ponte Per, Watch the Med Alarm Phone, ZaLab