Vittoria e Valentina: due mamme speciali
Quando Vittoria è stata costretta a lasciare il suo Paese, la Nigeria, era ancora un’adolescente di 16 anni. L’esperienza lunga e dolorosa che ha maturato in questi ultimi 5 anni l’ha trasformata in una giovane donna forte, matura e determinata a costruire, per se stessa e per il suo bambino, un futuro dignitoso in Italia. “Sono cresciuta in fretta”, ricorda la ragazza, con una punta di malinconia, “al di là delle tante difficoltà che ho attraversato e che sto ancora elaborando, è stata la maternità a cambiare la mia prospettiva sul mondo. Essere responsabile del benessere di qualcun altro, ti spinge a voler migliorare, giorno dopo giorno”. Vittoria è mamma di Christian, un bimbo di 4 anni che ha conquistato da subito Valentina, la volontaria italiana che da qualche mese è diventata la sua “mentore”, nell’ambito del progetto Fianco a Fianco realizzato da Refugees Welcome Italia in collaborazione con Unicef.
Nell’incontro fra le due donne, con un vissuto molto diverso, eppure a tratti simile, la maternità è stata un terreno comune su cui costruire una relazione di amicizia e sostegno reciproco. “Ho sempre provato un grande disagio nei confronti della condizione vissuta da migranti e rifugiati, specialmente quelli più giovani, di cui molti vivono nella mia città, Palermo”, racconta Valentina. “Da quando sono diventata mamma, quel senso di profonda ingiustizia si è trasformato in vero e proprio dolore. Il pensiero di donne come me, con dei figli piccoli, in situazione di pericolo o difficoltà era intollerabile. Ho deciso di agire: volevo dare un contributo, anche piccolo”.
“Questo programma di mentoring funziona perché ti consente di seminare bellezza nella tua vita, in base al tempo e alle esigenze che hai”.
Valentina
Come nel caso di altri mentori, la risposta a questo bisogno di stare concretamente dalla parte dei giovani migranti è venuta dai social media. “Ho visto, casualmente, un video del progetto Fianco a Fianco che aveva come protagoniste due giovani donne e mi sono immediatamente immedesimata. Così, quando mi hanno chiamato per il colloquio, ho espresso il desiderio di essere abbinata ad una ragazza. Le operatrici mi hanno parlato di Vittoria, anche lei mamma come me, e ho subito pensato che la cosa avrebbe funzionato”.
Vittoria, da parte sua, era alla ricerca di qualcuno con cui poter creare una relazione di amicizia. “L’avvocato che seguiva la mia pratica per ottenere la protezione internazionale, conoscendo la mia storia, mi ha suggerito di iscrivermi a questo progetto e ho pensato che potesse essere un’opportunità per conoscere nuove persone”. La giovane rifugiata, come altri ragazzi e ragazze nella sua condizione, conferma le difficoltà incontrate, in questi anni in Italia, nell’allargare il cerchio delle proprie conoscenze al di fuori dei centri di accoglienza. “Mi sentivo sola e avevo bisogno di qualcuno con cui instaurare un rapporto più personale, basato sulla fiducia. Cercavo un’amica con cui poter essere me stessa. Gli operatori della comunità, che mi hanno seguito in questi anni, sono stati meravigliosi con me, ma è un tipo di relazione diverso”, aggiunge Vittoria.

Il progetto Fianco a Fianco prende le mosse proprio dalla consapevolezza che le reti di supporto professionale sono fondamentali, ma anche quelle informali possono essere di notevole aiuto e complementari. Per i giovani migranti e rifugiati, arrivati in Italia ancora minorenni, senza adulti di riferimento, poter contare su qualcuno che conosca bene il paese che li ospita e che li aiuti a far fronte alle piccole e grandi sfide che li attendono, può fare la differenza nella loro vita. “Anche io ho abitato all’estero”, ricorda Valentina, “con tutte le grosse differenze del caso, ho sperimentato cosa vuol dire vivere in una comunità di cui non sai tutte le regole e dover interagire da straniera. È importante conoscere qualcuno del posto che possa affiancarti, nelle questioni pratiche, così come nel costruire relazioni umane. Tutto è più semplice. Il ruolo del mentore è necessario”. Le due giovani donne si sono conosciute a inizio gennaio. “La prima volta che ho incontrato Valentina”, ricorda Vittoria, “ero un po’ intimidita, ma ho subito capito che non avevo nulla da temere. Sin dall’inizio, mi sono sentita a mio agio e libera, con lei, di dire quello che penso, senza timore di essere giudicata. Questa sensazione non mi ha mai abbandonata”.
Il senso di solitudine, di cui parla Vittoria, è qualcosa che anche Valentina ha sperimentato in questi ultimi mesi. “La pandemia ci ha mostrato quanto sia fondamentale poter contare su un tessuto di relazioni e di amicizie. Durante il lockdown, ho sentito un forte desiderio di condivisione. Anche per me, aver incontrato Vittoria è stato di aiuto. Sapere, alla fine di una giornata impegnativa, di poter fare due chiacchiere con lei al telefono, mi mette di buon umore. Il nostro rapporto è basato sulla reciprocità: si dà e si riceve tanto. Ci si aiuta a vicenda”.
“Se non conosci nessuno, non ti senti mai veramente parte della comunità. Resti sempre una straniera. Alla fine, sono le relazioni umane che fanno la differenza”.
Vittoria
In questo ultimo anno, Vittoria ha conquistato importanti traguardi che la stanno portando verso quello più grande: l’indipendenza. Dopo un tirocinio, ha ottenuto un lavoro come assistente in un asilo di una scuola privata e, a breve, si trasferirà in una casa tutta per sé. Nel frattempo, le è stato riconosciuto lo status di rifugiata e sta studiando per prendere la patente. “Adoro stare con i bambini e non avrei potuto sperare di meglio, per ora, dal punto di vista professionale. La ricerca di una casa è stata più complessa, ma per fortuna Valentina mi ha aiutato”. La sua mentore, infatti, ha attivato la sua rete di contatti e, alla fine, Vittoria è riuscita a trovare un piccolo appartamento da prendere in affitto. “So quanto può essere complicato per una persona straniera cercare casa, quindi mi sono data da fare”, racconta Valentina. “La proprietaria dell’appartamento le ha anche regalato un bicicletta, così ora potremo andare in giro insieme per la città. Io sono una ciclista abituale e non vedo l’ora di far conoscere a Vittoria e a Christian i miei angoli preferiti di Palermo”.

Per Vittoria, l’uscita dalla comunità sarà un passaggio importante e delicato, ma per fortuna non sarà sola ad affrontarlo. “Dopo 4 anni, lasciare l’ambiente protetto del centro sarà una bella sfida per lei” sottolinea Valentina, “ma io sono qui, pronta a tenderle la mano”. “L’idea di vivere da sola, dopo tutto questo tempo nel sistema di accoglienza, mi mette un pò di paura, non lo nego”, aggiunge Vittoria, “ma sono consapevole che è giunto il momento di camminare sulle mie gambe. So di poter contare su Valentina e questo mi fa sentire meno ansiosa”. Valentina è certa che Vittoria se la caverà benissimo in questa nuova fase della sua vita e non nasconde la sua ammirazione per il percorso che la ragazza ha fatto in questi anni in Italia. “Vittoria mi dà coraggio, perché è una giovane donna che, pur avendo affrontato un passato molto doloroso, non si è mai arresa e ha cercato sempre di migliorare la sua condizione, per se stessa e per il suo bimbo. A 22 anni io ero una sprovveduta. Lei, invece, è una tosta. Sono molto grata di averla nella mia vita”.
A quattro mesi dall’inizio del progetto, è tempo di bilanci. “Questo programma di mentoring funziona perché ti consente di seminare bellezza nella tua vita, in base al tempo e alle esigenze che hai. Una cosa che sto imparando in questa relazione è che l’importante è esserci per Vittoria e darle una mano, con tutte le mie imperfezioni e la mia vita complicata”, commenta Valentina. “Il lavoro e la casa sono sicuramente fondamentali per radicarsi nel paese che ti ospita, ma da soli non bastano. Se non conosci nessuno, non hai amici, non ti senti mai veramente parte della comunità. Resti sempre la straniera. Alla fine, sono le relazioni umane che fanno la differenza. Casa è il posto dove ci sono persone a cui vuoi bene, quelle con cui hai costruito un legame”, aggiunge Vittoria.
Un ultimo pensiero sull’attuale situazione sanitaria in cui le misure restrittive si stanno progressivamente allentando. “La pandemia ha inciso sulla nostra modalità di frequentazione. Vittoria non è mai venuta a casa mia, non ci siamo mai abbracciate. Spero che ora avremo modo di vederci più spesso e fare più cose assieme, anche con i nostri bimbi. Marlene, mia figlia, la adora. Sento che questa amicizia ha tutto per crescere ancora di più”, conclude Valentina.
Francesco e Modou: due storie che si intrecciano.
“Modou mi è stato presentato come un ragazzo timido, impaurito, ma avevo l’impressione che dietro l’apparenza, si nascondessero grandi potenzialità. E non mi sono sbagliato”.
Francesco
Francesco è un avvocato civilista che vive tra Palermo e Pioppo, un paesino dell’entroterra siciliano. È il mentore di Modou, un ragazzo di venti anni del Gambia, con alle spalle un bagaglio che pesa: dentro ci sono l’esperienza in Libia e la traversata in mare fino alle coste italiane. I due si sono incontrati per la prima volta a febbraio 2020 e da quel momento è nata una relazione che sta restituendo tanto ad entrambi.
“Tutto è partito da un clic”, racconta Francesco. “Mi sono imbattuto in un post che parlava di questo progetto di mentorship e ho dato la mia disponibilità, perché desideravo fare qualcosa di concreto per i ragazzi che arrivano in Sicilia ancora minorenni, senza nessun adulto di riferimento. Ho provato a mettermi nei loro panni, nonostante la differenza di età, e ho pensato al senso di smarrimento e solitudine che possono provare. Fortunatamente ho del tempo libero, quindi mi sono detto: perché non partecipare?”.
Essere un punto di riferimento per un giovane migrante o rifugiato, affiancandolo e sostenendolo nel suo percorso di crescita personale e di inclusione sociale. È proprio questo lo spirito del progetto “Fianco a fianco: cittadini assieme a giovani migranti” di Refugees Welcome Italia, sostenuto dall’UNICEF, in collaborazione con il Comune di Palermo.
Modou è in Italia da tre anni, è stato accolto in una comunità per minori e poi in centro di accoglienza per adulti, mentre ora condivide un appartamento con alcuni amici. Ha saputo dell’iniziativa dalla sua insegnante di italiano. “Ho pensato che potesse essere una opportunità per me. Stavo attraversando un periodo della vita in cui mi sentivo confuso, perché non sapevo cosa fare rispetto al mio futuro qui in italia, soprattutto dal punto di vista lavorativo. Sentivo il bisogno di avere qualcuno con cui parlare, e soprattutto, da cui essere ascoltato”.
Nonostante questo, Modou non nasconde che all’inizio aveva qualche timore. “Sono una persona timida e ho bisogno di tempo per aprirmi, ma io e Francesco abbiamo trovato subito una intesa. Mi ha fatto sentire a mio agio: è una persona molto alla mano che sa entrare facilmente in sintonia con gli altri. Nonostante la differenza di età, abbiamo costruito un bel rapporto basato sulla fiducia reciproca. Qui in Italia non ho i miei genitori e poter contare su di lui mi dà sicurezza”. Frequentare regolarmente un volontario locale può aiutare i giovani migranti a trovare la loro strada.

“Ci vediamo con regolarità e ci sentiamo quasi tutti i giorni” racconta Francesco. “Tra un pranzo e una cena cerco di conoscerlo meglio, di sapere qualcosa in più sul suo vissuto, ma non è semplice e rispetto i suoi tempi. Sicuramente soffre la lontananza dalla sua famiglia”. A Pioppo, il piccolo paese dove vive Francesco, ormai tutti conoscono Modou e gli si sono affezionati. Inoltre, il ragazzo ha costruito un rapporto di amicizia con uno dei figli dell’avvocato, Gianluca, che ha trent’anni e col quale Modou condivide la passione per i cavalli.
Sin dall’inizio, Francesco si è prodigato per sostenere Modou nella ricerca di un lavoro. “Ho subito intuito come la questione lavorativa fosse la causa principale delle sue preoccupazioni. Aveva bisogno di rimettersi in moto e quindi mi sono dato da fare per aiutarlo. Una persona che conosco, proprietaria di un maneggio/centro sportivo, cercava qualcuno che potesse dargli una mano e così gli ho presentato Modou. Ora lui lavora lì da circa 10 mesi, ha conquistato la fiducia di tutti e presto sarà assunto”. Del resto, l’obiettivo dell’iniziativa è proprio quello di mettere a disposizione le proprie risorse – sociali, relazionali, professionali – e un po’ del proprio tempo per aiutare ragazzi stranieri, arrivati in Italia da soli, a realizzare il proprio progetto di vita nel nostro Paese. Della sue esperienza lavorativa, Modou racconta: “Al maneggio sto imparando tantissimo e sto scoprendo un mondo nuovo”.
Non avevo mai avuto modo di vedere da vicino dei cavalli. Sono animali davvero affascinanti e prendermene cura mi dà serenità. Mi piace stare con loro e lavorare all’aria aperta. Vorrei diventare istruttore e credo che, con impegno e dedizione, potrei riuscirci.
Modou

Francesco non nasconde la sua soddisfazione per il percorso di Modou in questi mesi: “È un ragazzo che ha vissuto esperienze che lo hanno segnato. È molto gratificante vedere che ora è più sicuro di se stesso e dei propri mezzi. È tornato a sperare in un futuro possibile”.
A 10 mesi dall’inizio del progetto, è tempo di bilanci. “È un confronto, una relazione di interscambio appagante. Mi piacerebbe che questo tipo di esperienze fossero conosciute di più, perché la conversazione sul tema dei migranti è inquinata da falsi luoghi comuni. Conoscere il vissuto di questi ragazzi, sentire dal vivo il racconto dell’esperienza in Libia o del viaggio in mare, è una lezione di vita. Lo dico senza retorica”.
Modou in qualche modo la sua avventura con Francesco l’ha terminata: ha ritrovato il sorriso. “Insieme a Francesco sono felice, mi aiuta tanto. Avevo tanti pensieri che mi turbavano. In questo periodo sono cresciuto, sono cambiato, così come è diverso il mio stile di vita. Spero di trovare un lavoro stabile perché voglio rimanere a Palermo. Adesso qui sono finalmente tranquillo”.