Sono Abdullahi, ho 22 anni e vengo dalla Somalia.

Mi chiamo Abdullahi, ho 22 anni e sono somalo. Abito in Italia da tre anni. Sono arrivato in Europa dall’Egitto, dopo aver attraversato diversi paesi africani. Il viaggio è pericoloso e ho perso tanti amici. Le persone non muoiono solo in mare, cercando di attraversare il Mediterraneo, ma anche nel deserto. Non amo ricordare questi momenti, perché sento che ancora manca qualcosa. C’è troppo dolore. 

Nel mio Paese c’è la guerra dal 1991. Io sono nato e cresciuto in una bellissima città che si chiama Merka. Dopo essere arrivato in Sicilia, sono stato immediatamente trasferito in Piemonte, a Germagno, in un centro di accoglienza straordinario (CAS). Germagno è un piccolo paese, le persone parlano solo piemontese ma sono molto gentili. Ho anche conosciuto un ragazzo del posto, Luca. Siamo diventati amici. Lui giocava a calcio con noi. Sono rimasto a Germagnano due anni, in attesa di avere i documenti. Dopo che mi è stato riconosciuto lo status di rifugiato, mi sono spostato a Civie, in un centro di seconda accoglienza.In questo periodo ho studiato per l’esame di terza media e ho fatto un tirocinio.

Dopo sei mesi, il progetto di accoglienza è finito, non avevo un posto dove andare e temevo di finire per strada. Ero preoccupato. Avevo paura di perdere tutto quello che avevo faticosamente raggiunto. Poi l’operatrice del centro di accoglienza che mi seguiva mi ha messo in contatto con Refugees Welcome Italia, che mi ha presentato una famiglia italiana che voleva ospitarmi. Vivo ancora con loro. Si chiamano Federico ed Elena. Hanno tre figli: Eugenio, Francesco e Filippo. Sono delle persone meravigliose. Per me è stato importantissimo incontrarli. Mi hanno insegnato che anche se il colore della pelle, la cultura, la religione sono diverse, l’umanità ci rende tutti uguali. Viviamo come una famiglia, mangiamo insieme, a volte cucino dei piatti somali per loro. Mi sento a casa. Abbiamo anche fatto un viaggio in Francia tutti assieme: per me è stato un grande regalo poter visitare un altro paese europeo. Anche grazie a loro, posso dire che Torino è una città accogliente! Noi abitiamo un po’ fuori città, a Superga. L’ultimo bus per questa zona è alle 8 di sera e quando non riesco a prenderlo, incrocio sempre qualche vicino che è pronto a darmi un passaggio.

Ora sto facendo il servizio civile e lavoro con dei ragazzi disabili. Ho capito che non siamo noi ad aiutarli, ma sono loro che aiutano noi e ci insegnano tante cose. Mi trovo molto bene con i miei colleghi di lavoro: festeggiamo i compleanni tutti insieme, come vecchi amici.

Se guardo indietro e penso a quello che mi sono lasciato alle spalle, provo nostalgia. Non so se rivedrò mai la mia famiglia. Però, allo stesso tempo, anche se sono lontano dal mio Paese, qui mi sento a casa.

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